Un insetto sta devastando i fichi di Carmignano

Un appello per salvarli

E’ una delle eccellenze gastronomiche del territorio, conosciuto, consumato e decantato non soltanto in ambito locale e nazionale ma anche all’estero, tuttavia da qualche tempo a questa parte il fico secco di Carmignano, presidio Slow Food dal 2001, corre il rischio concreto di scomparire a causa dell’attacco sferrato alle piante presenti nel capoluogo e nelle frazioni del Comune mediceo da un parassita alieno di provenienza orientale, un coleottero curculionide indicato con il nome di Aclees sp. cf. foveatus, che devasta tanto i fusti quanto i frutti del fico nostrano, mettendo a repentaglio il raccolto annuale. Il pericolo rappresentato da questo insetto, che si ipotizza sia stato introdotto dalle regioni asiatiche attraverso l’importazione di piante ornamentali come il ficus benjamina o i bonsai, è talmente elevato che nelle scorse settimane anche il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi, nel corso di una visita privata compiuta sul versante pratese del Montalbano, ha lanciato un appello al ministro delle politiche agrarie, alimentari e forestali Maurizio Martina affinché il Consiglio dei ministri si interessi della questione.
La presenza dell’animale sul suolo italiano è stata rilevata per la prima volta da un vivaista di Pescia nel 2005, e nel 2008 alcuni esemplari sono stati rinvenuti all’isola d’Elba, ma a dispetto delle indagini effettuate sull’insetto, che nel frattempo si è ampiamente diffuso in molte zone della Toscana ed è stato avvistato anche in Piemonte, in Liguria, nel Lazio, nelle Marche, in Abruzzo e in Puglia, non è ancora stato possibile individuarne con certezza la regione di provenienza, determinarne con esattezza la specie e comprenderne a fondo le caratteristiche bioetologiche. L’individuo adulto è lungo poco meno di 2 centimetri, tuttavia dimostra una notevole voracità fin dallo stadio larvale, allorché inizia a nutrirsi della corteccia e della polpa del tronco della pianta, interrompendone così il circolo linfatico e predisponendola in breve tempo alla morte per avvizzimento. Questo coleottero è dotato di un rostro – da cui gli deriva il nome non scientifico di “punteruolo del fico” – con il quale la femmina perfora il legno alla base del fusto e vi deposita le uova, dalle quali dopo un periodo di incubazione che oscilla tra i dieci e i venti giorni fuoriescono le larve che iniziano immediatamente a nutrirsi dei tessuti legnosi e in parte anche dei frutti, di cui però è soprattutto l’adulto a cibarsi con avidità.
Negli ultimi anni il parassita si è riprodotto in maniera esponenziale, infestando in particolar modo oltre alla già citata isola d’Elba le province di Lucca, Pistoia, Prato e Firenze, e raggiungendo una altissima concentrazione proprio nel comprensorio carmignanese, da sempre conosciuto, apprezzato e rinomato per la produzione dei fichi sia freschi che secchi, tanto da essere citato fin dai tempi più remoti come “Carmignan da’ fichi”. Il danno rappresentato dal cosiddetto coleottero killer pertanto non si limita solamente alla drastica diminuzione della resa delle colture, risorsa peraltro importantissima per il sostentamento di una parte degli agricoltori locali, ma comporta anche la possibilità di perdere una parte rilevante della ricchezza naturalistica, della storia e delle tradizioni del territorio. Il fatto che le conoscenze sull’animale siano estremamente lacunose rende oltremodo difficile contrastarlo in maniera efficace, e a ciò si aggiunge il dato non irrilevante che molti coltivatori della zona praticano l’agricoltura biologica e non possono avvalersi di fitofarmaci di origine chimica, che comunque fino ad ora hanno dato scarsi risultati nella battaglia intrapresa contro il prolifico insetto. Per loro l’unica forma di lotta praticabile contro l’indesiderato ospite è la rimozione meccanica delle larve e la soppressione di queste ultime e degli esemplari adulti, tuttavia appare evidente che una strategia di tal genere può dare esiti solo temporanei.
L’unico, vero aiuto a questo punto può venire esclusivamente dalla ricerca scientifica, nella speranza non infondata di riuscire a trovare un antagonista specifico del parassita o quantomeno un rimedio curativo di tipo naturale simile a quello che è già stato sperimentato in laboratorio con l’utilizzo di un fungo entomopatogeno che ha dato però risultati discontinui. Della questione si sta occupando attivamente il Crea di Firenze principalmente grazie al lavoro delle dottoresse Claudia Benvenuti e soprattutto Elisabetta Gargani, la quale il mese scorso ha tenuto una interessante relazione sull’argomento nella sala consiliare del Comune di Carmignano, in collaborazione con l’Associazione Biodistretto del Montalbano e l’Associazione Produttori Fichi Secchi di Carmignano. Proprio il presidente di quest’ultima, Siro Petracchi, è stato il primo imprenditore agricolo a lanciare l’allarme riguardante il coleottero killer nel 2015, allertando la Regione Toscana, il servizio fitosanitario e conseguentemente il Crea, ovvero il Consiglio per la ricerca agraria.
Per proseguire le attività di laboratorio sono necessari dei fondi la cui entità si aggira intorno ai 60mila euro, una cifra tutto sommato abbordabile, ma che si scontra con l’esiguità della produzione dei fichi secchi carmignanesi, le modeste dimensioni della quale rendono poco appetibile da parte dei potenziali finanziatori investire del denaro in un problema considerato marginale. “Se non si arriverà ad una soluzione in tempi rapidi – ci dice Petracchi, di ritorno dall’ennesima mattinata di caccia al temibile insetto – non saranno a rischio di estinzione soltanto i ficheti con le relative cultivar che ad oggi risultano intaccati dal parassita, ma prima o poi questo finirà per introdursi anche nei frutteti che fino ad ora sono stati risparmiati, e quando avrà terminato di infestare i poderi di Carmignano si allargherà anche ad altri comuni, e da questi ad altre province che non siano quelle già segnalate, e così via in un inarrestabile crescendo. Si tratta di un problema che presto o tardi si espanderà enormemente – prosegue l’agricoltore –, arrivando a riguardare l’Italia intera e probabilmente anche parte dell’Europa. Chi non è toccato da questo flagello oggi deve comprendere che potrebbe esserlo domani, per questo è indispensabile unire le forze e fare pressione sugli organi competenti affinché si facciano carico della situazione stanziando dei fondi a favore della ricerca, che per il momento anche per mancanza di finanziamenti sta procedendo a piccoli passi e per vie prettamente empiriche”.
“E’ anche importante capire che paradossalmente questo è il momento più adatto per effettuare ulteriori piantumazioni – continua Siro –, perché solo immettendo e seguendo adeguatamente nuovi esemplari nei frutteti si può sperare di integrare almeno parzialmente le perdite che inevitabilmente si verificheranno. E’ fondamentale conservare le varietà di cui è ricco il territorio, perché riuscire a farlo significa salvaguardare la biodiversità, mantenere in vita il nostro passato, portare avanti la nostra storia e perpetuare le nostre tradizioni. Il fico secco è un prodotto di nicchia che però ha i suoi affezionati estimatori – conclude l’imprenditore –, e anno dopo anno la domanda da parte dei consumatori risulta in costante crescita, tanto che raramente siamo in grado di accontentare tutti i clienti che ne fanno richiesta. E’ un dato di fatto che non si può ignorare. Anche per questo motivo in occasione di “Calici di Stelle” l’Associazione Produttori Fichi Secchi di Carmignano sarà presente in Rocca con un proprio stand per promuovere una raccolta di firme, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito all’argomento e coinvolgere quante più persone possibili nella nostra battaglia contro l’insetto da una parte e il disinteresse delle istituzioni dall’altra”. (Barbara Prosperi)

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