“Anime”, teatro in Rocca

Con gli "Amici di San Giusto"

“Ti sembrano tempi per parlare dell’anima? Cosa c’è stasera che ieri non c’era?”. A porsi questi interrogativi sono alcuni personaggi di “Anime”, spettacolo dell’associazione Kultroses 659 che, a distanza di tre anni dopo la rappresentazione all’Abbazia di San Giusto nel 2016, torna in scena con alcune novità in anteprima nei giardini dell’antica Rocca giovedì 18 luglio alle ore 21 a cura dell’associazione “Amici di San Giusto”.

L’associazione Kultroses 659 nasce nel 2012 dall’incontro di alcuni attori del gruppo “Delle Rose e delle Ortiche” fondato nel 2001 da Roberto Carlesi al Circolo La libertà del 1945 di Viaccia e di altri allievi del “Labkult”, ovvero il laboratorio teatrale tenuto dal Kulturificio n. 7.

Lo spettacolo per la regia di Veronica Natali è stato rappresentato per la prima volta a febbraio 2015 proprio al Circolo di Viaccia con una prima versione e successivamente ripresentato ad aprile 2016 al Capanno Blackout di Prato dove, tra l’altro, ha ottenuto il premio Capanno Blackout seguito nel 2018 dal riconoscimento “Tracce 2018” – Osservatorio sul teatro contemporaneo – Premio Sele D’Oro. La drammaturgia è in parte liberamente ispirata ai testi Teatro Uno, Teatro Due e Ballate di Stefano Benni ed in parte derivante da testi inediti di Alessandro Bindi, scrittore ed attore che si è unito a Kultroses 659 nel 2016. Ad interpretare i vari personaggi saranno: Maurizio Bertocci, Alessandro Bindi, Veronica Natali, Francesco Renzoni (tastiera), Martina Saetta, con Nicola Agostiniani (audio/luci) e musiche originali di Planedo Project.

La storia è costruita intorno ad una sequenza di diversi ‘ritagli’ spazio – temporali, apparentemente bizzarri e sconnessi tra loro, giocati sul teatro dell’assurdo, sulla rima e sull’equivoco in un’alternanza tra drammatico e comico. Ad incontrarsi e scontrarsi sul palcoscenico saranno diversi personaggi ‘variopinti’, tra cui i due perfetti sconosciuti fintamente innamorati, i bancomat solidali, il piccione, il rospo e la rana, l’ex fidanzato geloso, gli ‘amici’ ritrovati ed i personaggi volanti.

A fare da comune denominatore ci pensa l’anima appunto: i personaggi sono anime sole, con le loro vite ordinarie e straordinarie fatte di gioie e di dolori, parte di una folla gigantesca di cui si conosce soltanto l’inizio ma non la fine.

Lo spettacolo affronta quindi le tematiche dell’esistenza e della solitudine con toni ironici, che smorzano le scene in cui invece sono il dramma o la malinconia a prevalere, facendo riflettere sull’‘anima’, anche se oggi parlarne è diventato fuori moda.

Forse per poter comprendere fino in fondo il senso della parola, dovremmo partire dal suo significato originario e dalle mille sfaccettature che quest’ultimo suggerisce (un’idea, la lacrima del bicchiere di vino oppure ancora la carta bruciata di un fuoco di artificio esploso?).

E alla fine potremmo anche chiederci chi sono le ‘anime’ di cui si parla nello spettacolo: sono i personaggi e siamo anche noi, che in loro ci rivediamo e che condividiamo gli stessi percorsi solitari, destinati qualche volta ad incontrarsi.

Durante lo spettacolo non ci sono mai risposte alle domande che possono venire in mente. Si ride e si riflette al tempo stesso, non senza un briciolo di malinconia. Ma in fondo questo poco conta, alla fine tutto torna esattamente al punto iniziale. Ci sono degli uomini in volo, ognuno per una ragione diversa, come succede tra l’altro nella vita. C’è chi ha saltato per sua volontà e chi invece è stato spinto. Tutti attendono lo schianto finale. Ma prima di quello schianto hanno, tutti quanti, pur sempre volato. (Valentina Cirri – crediti fotografici: Monica Barbero e Sergio Fea)

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