Un tempo era un grande mercato agricolo, oggi è una viva festa di piazza e una grande tavola imbandita con tante curiosità ed un po’ di amarcord. La Fiera ai primi di dicembre era il momento durante l’anno in cui anche i mezzadri con minori possibilità economiche, donne e uomini che fossero, compravano qualcosa di non strettamente necessario. Un ombrello, un paio di pantaloni, una giacchetta: una frusta nuova per il cavallo o il “Superiride” per ritingere i vestiti. “Era il giorno più bello dell’anno” ricorda ancora oggi qualche vecchio carmignanese. E alla Fiera c’era davvero di tutto.

Si potevano acquistare i maialini da allevare, si vendevano i particolari fichi secchi di Carmignano (che alla festa, per un certo periodo, hanno dato anche il nome). Ma non sempre i fichi secchi c’erano. Sulla piazza i prezzi erano bassi e si preferiva venderli allora ai negozianti fiorentini, nei giorni precedenti (quando non prendevano addirittura la via d’oltreoceano). Nel 1913 la Fiera fu addirittura quasi fatta senza fichi. I pochi trattati vennero venduti tra le 2 lire e 40 centesimi e le 3 lire e 70 al chilo. Nel 1917 andò ancora peggio. Per via del calmiere i prezzi scesero ad 1 lira e 72 centesimi. Qualche fico fu venduto a Firenze. Per gli altri i carmignanesi, riferiva al sindaco l’incaricato del peso pubblico, pensarono bene che fosse meglio tenerseli per mangiare anziché “comprare altra roba, giacché tutto era più caro”.

Per la Fiera comunque le strade si riempivano di venditori ambulanti. Qualche giorno prima le botteghe si approvvigionavano di mercanzie: sale di soda, segatura, caramelle, cinabrese, spazzole, granate e funi. Babbo Natale ancora non passava e la Fiera, per bambini e ragazzi, voleva dire una piccola somma da spendere in dolci e giocattoli.

La sera prima della festa, raccontano i più anziani del paese, nella bottega dell’Armida si cominciava a “castrare” le castagne per vendere le bruciate e a bollire la verdura per fare le “palline di erbi”. Il Bellini aveva una drogheria e non faceva ancora i celebri e blasonati biscotti da assaporare con o senza il vin Santo.

Ma perché l’Antica Fiera di Carmignano era intitolata a Sant’Andrea, se per tradizione il giorno di festa è il primo martedì di dicembre? Il mistero è presto chiarito. La data ad un certo punto fu cambiata: pare per la concomitanza con altre fiere di comuni vicini. Almeno fino al 1833 la festa di Carmignano aveva infatti luogo il 30 novembre, giorno appunto di Sant’Andrea. Così ricorda anche il Repetti, accademico dei Georgofili, nel suo dizionario geografico fisico e storico della Toscana. La più antica citazione della festa è comunque del 1392 e la troviamo in uno statuto comunale, che prevedeva una sorta di mercato nei pressi del municipio che allora sorgeva all’interno della cerchia muraria della Rocca. Tuttavia il massimo fulgore della rassegna fu raggiunto nel diciottesimo secolo. Non a caso il 23 novembre 1704 fu stabilito che l’Antica Fiera durasse tre giorni, tanta era oramai la notorietà acquisita e la fama che per vino, olio e fichi secchi Carmignano aveva assunto. Perfino da Prato ci si muoveva con grande interesse ed attrazione. Ne da testimonianza nel 1721 il conte Giuseppe Maria Casotti nel suo “Lunario Storico Pratese”. Scriveva al 30 novembre: “In questo giorno concorrono molti pratesi a Carmignano, dove è la Fiera…”.

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