La fiera di Adele e Alighiera

Ricordi di una festa che non c’è più


Cento anni Adele, novanta Alighiera e tanti ricordi: di quando la fiera di Carmignano era un mercato dove un affare si concludeva con una stretta di mano, i bambini spendevano in dolci il decino e ventino di rame dato dai nonni (e non capitava tanto spesso), il paese si riempiva di giostre e banchi, c’era il circo e i giovani, con il vestito buono indosso, si incontravano e ballavano.

Adele Petracchi

In Toscana non ci sono borghi o paesi che non abbiano una festa oppure una fiera. Quando l’attività agricola era prevalente, soprattutto all’inizio del Novecento, il lavoro veniva interrotto soltanto in occasione di feste liturgiche come Natale, Pasqua, Corpus Domini e Santo Patrono. Le fiere non erano soltanto grandi mercati, dove si poteva acquistare di tutto, ma anche una pausa offerta alla quotidianità, in cui era possibile mettersi l’abito più bello, divertirsi e fare festa. Per raccontare cosa rappresentava la fiera di Carmignano abbiamo incontrato Adele Petracchi (classe 1915) e Alighiera Borgioli (classe 1925), entrambe native di Carmignano, che ci hanno restituito il loro punto di vista portando alla luce i ricordi di quando anche loro sono state bambine.
“Mi ricordo che da piccola durante i giorni della fiera di Carmignano andavo ad aiutare il nonno Angiolo, detto Cencio, che aveva un negozio di sali e tabacchi. Le mie amiche venivano a trovarmi bussando alla porta e mi chiedevano se volessi andare con loro in piazza dove c’erano i banchi, ma io non potevo assentarmi dal negozio finché il nonno non mi avesse dato il permesso di uscire” – racconta Adele Petracchi.
La fiera cadeva il primo martedì di dicembre e si chiamava la “fiera dei fichi secchi”. I contadini vendevano in piazza i loro prodotti, come i fichi secchi appunto, oppure il bestiame, tra cui polli, capre, maiali e vitelli che stavano in esposizione in piazza Matteotti, la piazza del Comune, senza recinto.
Ma oltre alle bancarelle cariche dei prodotti della terra ce ne erano molti altri, che venivano montati il giorno prima della fiera, che veniva detto “il giorno dei banchi”. La festa aveva una forte risonanza, i commercianti arrivavano da tutte le frazioni e anche da fuori comune, ospitati alla trattoria di Egizia oppure da Roberto (l’attuale Barco Reale). Prenotavano il posto e si disponevano da piazza della Chiesa fino in via Modesti e in via Roma e poi in piazza Vittorio Emanuele II. Le case di Carmignano fornivano gli allacciamenti per la luce e la sera le strade sembravano addobbate a festa. C’erano banchi di ferramenta, falci, pale e zappe per i contadini, ma anche di giocattoli e bambole, di gioielli come spilli, braccialetti ed orecchini, di stoffe. Si mangiavano le “bruciate” – ovvero le caldarroste, le castagne cotte sul fuoco – e i migliacci, i sanguinacci di maiale che venivano venduti alla trattoria di Egizia. Infine, dove ora c’è il distributore di benzina, di fronte alla strada che conduce a Seano, trovavano posto le giostre, in particolare il “calcio in culo” e i “frullini”.
“Durante la fiera noi bambini potevamo comprare qualcosa con i soldi che ci davano i nonni, il diecino e il ventino di rame – racconta ancora Adele -. Mi è rimasta impressa la scena dei sensali che in piazza interpretavano una parte un po’ teatrale per vendere, saltavano e si stringevano la mano se concludevano un affare, oppure c’era il Cardini che aveva un banco di stoviglie e che gettava i piatti per aria perché le persone accorressero a comprare”. I dolci si compravano a Carmignano al negozio di Armida, ma il banco della fiera era ugualmente e sicuramente il più ambito: vendeva brigidini, “ciuccini” di zucchero colorati, fragole, “sigarini”, mandorlati e “mangia e bevi”, quadretti di ostia colorati dentro ai quali veniva introdotto il rosolio.

Alighiera Borgioli

Il giorno prima della fiera era poi un giorno particolarmente atteso dai bambini, perché a Carmignano arrivava il circo. “Controllavamo con trepidazione l’arrivo delle carovane da’ Renacci o dal Bagno – ricorda Alighiera Borgioli -, gli artisti si sistemavano con i tendoni in piazza della Chiesa e durante il pomeriggio del martedì di fiera facevano la sfilata intorno alla piazza, con le ballerine sui cavalli, prima del loro spettacolo”.

Al pomeriggio si organizzavano i balli alla Casa del Fascio, che si trovava nell’attuale viale Parenti.
“Non potevo partecipare perché ero ancora una bambina, allora mi affacciavo dalla terrazza della Casa del Fascio per vedere i ragazzi e le ragazze, tutti vestiti bene, che arrivavano da tutte le frazioni di Carmignano e anche da Prato” conclude Alighiera.

La festa purtroppo presto finiva. Il mercoledì molti commercianti iniziavano già a smontare i banchi, soprattutto se arrivavano da lontano. Per questo veniva detto “il fierino”. E era, ricordano le due donne, un giorno di grande tristezza. Una fiera diversa da quella di oggi. Nonostante infatti la festa si sia mantenuta nel tempo, alcuni valori e tradizioni si sono perse. Negli anni, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, le possibilità di acquisto sono aumentate e quella fiera tanto attesa, parte di un passato in cui i bambini si divertivano con poco e in modo più genuino, è rimasta solo nel ricordo un po’ nostalgico degli anziani. (Valentina Cirri)

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