Quando la Rocca era sempre chiusa

Solo il campanaro vi accedeva tutto l'anno

La notte del 10 agosto (e quelle precedenti) i giardini dell’antica Rocca di Carmignano si animano: carmignanesi, fiorentini e pratesi, ma anche turisti stranieri e toscani d’altre province assediano quel che resta dell’antico castello medievale per dar la caccia alle stelle e bersi un buon bicchiere di Carmignano, ascoltare buona musica, gustarsi un gelato o semplicemente cercare un po’ di refrigerio alla calura estiva.

Sono le notti di Calici di stelle. Ma la Rocca di Carmignano, visitabile (gratuitamente) anche di giorno e da cui si gode un’invidiabile panorama su tutta la piana tra Firenze, Prato e Pistoia, non sempre è stata aperta al pubblico. Anzi, si tratta in fondo di una conquista recente: un luogo tornato ad essere frequentato e frequentabile dal 1990, ovvero da quanto la struttura è stata acquisita dal Comune, e ancor di più dopo la ristrutturazione dei giardini nel 2004, periodo in cui per qualche tempo lo spazio è stato affidato in gestione alla Pro Loco.

Nell’Ottocento infatti, dopo varie vicissitudini, il complesso architettonico entrò a far parte dei possedimenti dei Cremoncini, per passare nel corso del Novecento ai Petroni prima e ai Bigagli poi, tre famiglie che per tutelare le loro proprietà tenevano i cancelli della Rocca sempre chiusi con catene e lucchetti.

L’unica occasione in cui nell’arco dell’anno i resti della vecchia fortezza venivano messi a disposizione della popolazione era in concomitanza delle cosiddette “rogazioni”, cioè le tradizionali benedizioni dei tabernacoli che avvenivano durante la primavera. E questo accadeva ancora nel Novecento, al tempo dei nostri nonni e genitori.

Si trattava di un rituale a carattere propiziatorio che seguiva un programma ben preciso: partendo
dalla chiesa parrocchiale il corteo si snodava in processione attraverso strade e viottole di campo
per raggiungere i tanti tabernacoli che un tempo costellavano le campagne, dopodiché sostava
in preghiera davanti a ciascuno di essi invocando la benedizione divina sulle persone e sulle terre
da cui esse traevano il proprio sostentamento. A tali celebrazioni era naturalmente soggetto anche il tabernacolo presente all’interno della Rocca, cosicché i proprietari si assoggettavano di buon grado alla tradizione religiosa e concedevano una tantum l’ingresso del pubblico nei loro possessi.

Per i rimanenti giorni dell’anno l’accesso era consentito però soltanto agli operai che si occupavano
degli orti e dei giardini situati dentro l’antica roccaforte e al campanaro incaricato di scandire le ore
della giornata per conto dell’amministrazione comunale.

In un’epoca in cui possedere un orologio era privilegio di pochi, i rintocchi delle campane erano
quantomai necessari per fornire soprattutto a chi viveva nelle campagne un indispensabile
riferimento per calcolare lo scorrere del tempo. I suoni principali erano quelli che annunciavano l’alba, il mezzogiorno e le ventitré (cioè l’ora che precede il tramonto).

Anche se la campana presente nella torre della Rocca (popolarmente denominata il “Campano”)
svolgeva una funzione prevalentemente civica, su espressa indicazione delle autorità era permesso
– o, a seconda dei momenti storici, addirittura prescritto – sottolineare anche alcune ricorrenze di
carattere religioso. Dal “Gloria” del Giovedì Santo a quello del Sabato Santo invece era fatto assoluto divieto di suonare qualsivoglia tipo di campane, per rispettare il lutto legato alla morte del Signore.

L’ultimo campanaro di Carmignano fu Gigi del Banci, che negli anni finali del suo servizio saliva a fatica la china che porta ai ruderi del vecchio castello, seguito a volte da qualche ragazzo che con
la tacita complicità dell’anziano si cimentava nel tiro della fune del pesante campanone. Uno strappo alla regola veniva concesso per le Quarantore, che all’epoca si svolgevano in prossimità della Pasqua, allorché gruppi di baldanzosi giovanotti si davano il cambio per far
suonare a festa l’amato “Campano”.

Da molto tempo ormai i rintocchi della torre civica sono regolati da un meccanismo automatico,
che scandisce con puntualità le ventiquattro ore di cui si compone la giornata, ma che di sicuro ha
tolto un po’ di poesia a questo appuntamento quotidiano.

Quello che rimane immutato è invece il fascino che la Rocca è in grado di esercitare su tutti i
visitatori, che specialmente durante i mesi estivi hanno l’opportunità di accedervi per assistere a
concerti, spettacoli teatrali, rievocazioni in costume. E naturalmente “Calici di stelle”, la festa che tra tutte vanta il record di presenze: oltre quattromila in tre giorni nel 2014. (Barbara Prosperi)

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