Caterina de’ Medici, regina di Francia

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Sulla carta il titolo di regina non comportava un potere effettivo, tuttavia Enrico, che a partire dal 1452 fu spesso lontano da Parigi per motivi di guerra, affidò la reggenza a Caterina, e così la donna iniziò a fare esperienza in campo politico e diplomatico. Contemporaneamente cominciò ad invitare in Francia un gran numero di italiani, soprattutto fiorentini, che entrarono ben presto a far parte dell’apparato amministrativo francese; tra di essi figuravano molti dei cosiddetti fuoriusciti, avversari cioè del ducato di Cosimo I, tra i quali spiccavano i fratelli Piero, Leone, Roberto e Lorenzo Strozzi, figli degli zii Filippo e Clarice, che si erano presi cura di Caterina quando questa era una bambina; vi erano poi letterati, artisti ed astrologi, tra cui il provenzale Michel de Nostredame, meglio conosciuto come Nostradamus, giacché la regina tra le altre cose si interessava di divinazione e occultismo.

Grazie ai suoi cuochi di fiducia Caterina rinnovò la cucina transalpina, che era sfarzosa ma non raffinata, dividendo per prima cosa i cibi salati da quelli dolci, introducendo le salse, tra le quali la rinomata besciamella, e molte altre pietanze che vengono oggi ritenute di invenzione francese, conferendo ai piatti un tocco di squisita ricercatezza e arricchendo le varie ricette delle eleganti caratteristiche che sono tuttora alla base della loro fortuna nel mondo; introdusse anche l’utilizzo della forchetta, che tolse ai cortigiani la sgradevole abitudine di mangiare con le mani, e quello delle mutande, che oltre a migliorare l’igiene e il decoro di chi le indossava consentiva alle donne di cavalcare più comodamente, e ideò infine un nuovo tipo di sella, che sempre alle donne permise di andare a cavallo in maniera sicura, stabile e disinvolta con entrambe le gambe poste di lato.

Nel 1559 la Francia e la Spagna firmarono il trattato di Cateau-Cambrésis, che ristabilì la pace in Europa, ma segnò anche il progressivo declino della penisola italiana sulla scena internazionale per i tre secoli a venire; l’accordo fu suggellato dalle nozze tra Elisabetta di Valois, figlia di Enrico II, e Filippo II d’Asburgo, figlio di Carlo V, in occasione delle quali venne organizzato un torneo cavalleresco a cui partecipò lo stesso Enrico; rimasto ferito alla testa durante uno scontro, si aggravò progressivamente fino a morire dopo dieci giorni di agonia. Caterina, che da quel momento in poi non smise di indossare vesti nere in segno di lutto, facendo della sua austera vedovanza un punto di forza che le conferiva severità ed autorevolezza, si trovò a dover reggere le sorti della monarchia per conto del figlio Francesco II, che aveva solo quindici anni, perseguendo strenuamente lo scopo di conservare intatto il potere reale e di preservare l’eredità della sua discendenza.

Non potendo contare sull’esercizio di un effettivo potere politico e militare, combattuta tra il partito cattolico rappresentato dagli influenti duchi di Guisa e quello protestante, la regina si affidò a strategie diplomatiche, accordi, patti e trattati, cercando di mantenere solida la monarchia seguendo una condotta di pacificazione interna anche attraverso alleanze di tipo matrimoniale. Per Caterina insomma fu subito evidente che riuscire a mantenere l’equilibrio tra i diversi schieramenti religiosi era fondamentale per la stabilità della Francia, e per questo motivo di lì a qualche anno la donna organizzò le nozze tra la figlia Margherita di Valois, cattolica, ed Enrico di Navarra, protestante. All’epoca le guerre di religione stavano infatti devastando l’Europa intera e mietevano vittime in molte nazioni del vecchio continente, alimentando un clima di insicurezza e di tensione che minava dall’interno la sopravvivenza di più di una monarchia.

Nel 1560 la morte prematura di Francesco II, che avendo sposato Maria Stuarda era re tanto di Francia che di Scozia, fece salire sul trono Carlo IX, di appena dieci anni, e Caterina si trovò a dover gestire nuovamente la reggenza della nazione. Nel 1562 firmò per conto del figlio l’editto di Saint-Germain, che concedeva libertà di culto agli ugonotti, che erano protestanti francesi di osservanza calvinista. Convinta che per la saldezza della corona fosse necessario costruire forti legami con il popolo, nel 1564 la regina poi organizzò per il figlio un lungo viaggio della durata di ventotto mesi su tutto il territorio francese, nel corso del quale ad ogni singola tappa Carlo IX si presentava in compagnia della madre. Consapevole inoltre che le cerimonie e le feste pubbliche erano un strumento utile per conquistare i favori del grande pubblico, Caterina mise in atto anche una imponente serie di celebrazioni per ottenere il consenso dei sudditi.

Nonostante i tentativi di mediazione ripetutamente posti in essere dalla regina madre, la fazione cattolica, capitanata dagli inflessibili Guisa, e quella protestante, che aveva il suo punto di forza nei turbolenti ugonotti, si scontrò in maniera violenta nella notte tra il 23 e il 24 agosto del 1572, proprio mentre al Louvre erano in corso i festeggiamenti per le nozze di Margherita di Valois ed Enrico di Navarra, tenacemente volute da Caterina come atto di riconciliazione tra i due opposti schieramenti. Per gli ugonotti si trattò di un vero e proprio massacro: in quella che è passata alla storia come la strage di San Bartolomeo persero la vita diverse migliaia di persone (le stime attuali oscillano da un minimo di 5.000 a un massimo di 30.000, tra le quali donne e bambini, dal momento che in seguito l’eccidio da Parigi si estese ad altri centri urbani e alle campagne e si protrasse per diverse settimane), e subito i sospetti della sanguinosa azione caddero su Carlo IX, poiché si ipotizzava che il giovane sovrano desiderasse allontanarsi dall’influenza della madre e prendere le distanze dalla sua politica di tolleranza, e sulla stessa Caterina, attorno alla quale nel tempo si era creata una lugubre fama di regina nera.

In realtà, in mancanza di documenti certi ed inequivocabili in proposito, non è ancora stato possibile appurare come siano andate veramente le cose; appare tuttavia poco probabile che Caterina avesse ordinato una simile carneficina proprio mentre si sanciva l’unione che avrebbe dovuto ricomporre i due opposti schieramenti, per il quale si era prodigata con tutte le sue forze e che sperava potesse finalmente portare la pace nella Francia dilaniata dai contrasti religiosi; sembrava inoltre poco sensato che avesse voluto rovinare la festa per il matrimonio della figlia, che da allora è passato alla storia con il nome sinistro di “nozze vermiglie”.

Nel 1574 morì anche Carlo IX, e gli successe il fratello Enrico III, da poco eletto re di Polonia, che essendo già maggiorenne permise alla madre di ritagliarsi un ruolo di secondo piano, anche se la donna seguitò a stringere alleanze, avviare negoziati, redigere trattati, nella ricerca instancabile e continua di un solido equilibrio politico tanto in campo nazionale che internazionale. Enrico era sicuramente il più intelligente dei tre fratelli ed era anche il figlio preferito della regina, anche se vizioso e crudele; tuttavia prese molte importanti decisioni senza consultarsi con Caterina, che continuava infaticabilmente a prodigarsi per la corona, come quando, nella notte fra il 23 e il 24 dicembre del 1588, il re fece assassinare in maniera cruenta l’ambizioso e potente duca Enrico di Guisa. In seguito a questo fatto la donna, che già non stava bene, cadde in un profondo malessere e nel giro di pochi giorni si spense, presagendo la rovina della sua famiglia e del regno dei Valois. Era il 5 gennaio del 1589. Le sue spoglie rimasero per molti anni nel castello di Blois, dov’era morta, e furono traslate a Saint-Denis soltanto nel 1611, quando la regina fu deposta nel sepolcro del marito.

In ultima analisi quella di Caterina è stata una figura complessa, controversa anche, non facile da analizzare, sulla quale hanno pesato a lungo molti pregiudizi, creati in primo luogo dai suoi stessi sudditi e cortigiani, che non le perdonarono il fatto di essere femmina, straniera, intelligente ed abile, e le cucirono addosso i panni della donna spietata, dell’avvelenatrice e della strega. Fu una triste fama che si ingigantì progressivamente col passare dei secoli, alimentata prima dai nemici dei Valois, che cercarono di metterli in cattiva luce per esaltare i Borboni, poi dai rivoluzionari, che dipinsero la regina come il simbolo del dispotismo, e successivamente anche da alcuni scrittori come ad esempio Alexandre Dumas padre, che ne “La regina Margot” descrisse Caterina come una donna crudele e la figlia Margherita come l’emblema della dissolutezza; questi giudizi frutto di preconcetti si sono incredibilmente protratti fino alla seconda metà del XIX secolo anche nel settore degli studi accademici, quando ha avuto inizio un processo revisionistico che ha rimesso in discussione il verdetto totalmente negativo espresso dalla storiografia ufficiale.

Caterina fu sicuramente una regina risoluta, decisa, pragmatica, che cercò di preservare il potere per consegnarlo intatto ai figli e perpetuare la dinastia dei Valois; l’accusa di machiavellismo che le venne rivolta si basava sul fatto che in più di un’occasione Caterina oscillò tra fazioni contrapposte, cambiando alleanze a seconda delle opportunità che le si presentavano di volta in volta, ma in realtà con ogni probabilità la donna cercava semplicemente di mantenere un equilibrio tra le parti che fosse in grado di assicurare stabilità alla Francia, in un periodo particolarmente travagliato segnato come non mai da discordie, divisioni e spaccature. In questo senso si può forse affermare che fu una degna erede di Lorenzo il Magnifico, che grazie al suo equilibrismo in campo politico riuscì a reggere le sorti della penisola italiana in un momento molto delicato della sua storia, e come lui e in definitiva tutti gli esponenti della casata medicea fu un’amante della cultura in generale e dell’arte in particolare, in nome delle quali protesse intellettuali, letterati ed artisti e si fece mecenate e promotrice tra le tante di molte importanti opere architettoniche come ad esempio la residenza reale delle Tuileries. (Barbara Prosperi)

Leggi anche Caterina dei Medici, regina di Francia (prima parte) 

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