Le origini del San Michele

L'istituzione dei rioni e il ritorno del palio

“E se per il San Michele si ripartisse il paese in rioni? Si potrebbe esser certi che la gente aderirebbe”. Dopo l’edizione del 1933 che si era chiusa con il disappunto di Seano, ‘privato’ di una vittoria ritenuta da molti dovuta, fu questa la proposta che permise di salvare la festa. Da competizione allargata alle frazioni, il San Michele tornò dunque una gara tutta interna al capoluogo e ai paesi più contigui. A lanciare l’idea furono, secondo quanto racconta e annota Arrigo Rigoli, due carmignanesi che, curiosamente, portavano lo stesso nome e lo stesso cognome: si chiamavano entrambi infatti Giovanni Nunziati, ma, come succedeva e succede spesso nelle piccole comunità, venivano distinti mediante i soprannomi che indicavano l’appartenenza alle rispettive famiglie, pertanto a Carmignano erano noti ai più come Giovanni di Bante e Giovanni di Marrano.
I due furono invitati ad una delle riunioni indette dal segretario del Fascio Enrico Banchelli, nel 1934, per organizzare la festa. Non molto tempo prima avevano presenziato ad un raduno di ex combattenti a Barberino di Mugello, dove avevano assistito ad una manifestazione basata su una serie di giochi e sfilate, a cui la popolazione locale partecipava divisa in contrade caratterizzate ciascuna da una propria bandiera. E così lanciarono la proposta. L’idea, che era piaciuta moltissimo al Banchelli, incontrò l’approvazione dei presenti, che stabilirono così di adottare quel sistema anche per Carmignano.
Arrigo Rigoli avanzò le sue perplessità al riguardo: temeva che con l’avvento dei rioni avrebbero potuto insorgere dispute e litigi all’interno della comunità paesana, inoltre riteneva deleterio che si venisse a disperdere il gruppo di amici che nei due anni precedenti aveva lavorato con tanto entusiasmo per la buona riuscita della festa; poi suggerì di reintrodurre l’antico palio dei ciuchi, che veniva corso in tempi remoti in onore del santo patrono. Mentre tutti si espressero a favore di questa proposta, le riserve concernenti la prima questione non furono accolte, e Carmignano ed alcune delle sue frazioni più prossime al capoluogo vennero ripartiti nei quattro storici rioni: il Bianco o “della Torre”, il Celeste o “dell’Arcangelo”, il Giallo o “del Leone”, il Verde o “dell’Arte”, a cui furono assegnati dei precisi limiti territoriali. Fu proprio a causa del mancato rispetto di questi ultimi, come aveva previsto Arrigo, che si scatenò il primo conflitto.
L’arco della discordia …
Il Celeste aveva infatti deciso di innalzare un arco trionfale di legno all’inizio di via Modesti, per sottolineare in maniera scenografica l’ingresso al proprio territorio, e per costruirlo i rionali utilizzarono dei montanti ancorati al suolo che penetrarono per pochi centimetri oltre il confine che designava la separazione dal Giallo. Appena il puntello fu piantato nel lastrico alcuni rappresentanti della contrada nemica insorsero per protestare contro l’affronto subito. “State invadendo il nostro territorio!”, gridò il caporione, armato di bastone, all’indirizzo dei celesti; al che questi ribatterono: “Non stiamo invadendo nessuno, non abbiamo sconfinato che di qualche centimetro!”; ma l’avversario continuò: “O pochi o tanti fa lo stesso, dovete rimanere nei vostri limiti!”; “Ma questa è roba da ridere!”; “Sarà da piangere se non vi ritirate nel vostro territorio!”. A placare gli animi arrivò allora il Banchelli, che cercò di conciliare le parti ed invitò i rionali dell’Arcangelo a rientrare nei loro confini. Questi, mugugnando, obbedirono, tuttavia per loro le baruffe non erano ancora finite.
… e il carro troppo alto
A sollevare un nuovo contrasto si presentò di lì a poco il Bianco, che aveva realizzato un carro su cui svettava una torre molto alta e che per questo motivo non sarebbe riuscito a passare sotto l’arco. La sfilata del rione della Torre avrebbe dovuto rievocare l'”Assalto di Castruccio Castracani alla Rocca di Carmignano”, pertanto era chiaro che la rappresentazione non si sarebbe potuta fare senza il carro attorno al quale doveva svolgersi la scena principale. I bianchi scesero in massa verso la piazza e intimarono ai contendenti: “O disfate l’arco o noi non partecipiamo al corteo!”; “Disfare l’arco? Levatevelo dalla testa, perché lì è e lì rimane!”, replicarono gli antagonisti; “O lo buttate giù o gli diamo fuoco!”; “Provateci se avete coraggio!”. Poiché la lite minacciava di degenerare in uno scontro fisico, dovette nuovamente intervenire Enrico Banchelli, che costrinse le due parti ad accettare un compromesso salomonico: la torre sarebbe stata ribassata e l’arco rialzato, affinché la festa si potesse fare senza che nessuno dei rioni dovesse rinunciare a sfilare, e così avvenne.
La festa, la guerra e la rinascita
Dal 1934 la manifestazione si ripeté secondo questo schema per tutti gli anni a venire, anche se nel 1935 si ebbe una prima, breve interruzione dovuta alla guerra d’Abissinia e, dopo il triennio 1936-38, una seconda, lunga pausa provocata dallo scoppio del secondo conflitto mondiale, a seguito della quale la festa riprese soltanto due decenni più tardi, nel 1957. Quello che fu evidente fin dal principio è che i timori espressi dal Rigoli si dimostrarono subito fondati. “La divisione del paese in rioni – sono le sue parole – fece esplodere quell’atavica faziosità che aveva sempre distinto il popolo sia delle città che delle campagne attorno a Firenze”. “Iniziò così – annota ancora – quella gara rissosa fra rivalità contradaiole che doveva caratterizzare d’allora in poi la festa di San Michele. Una rivalità tanto accesa – conclude poi – che ne avvelenava l’atmosfera ma che contribuì incredibilmente al successo della manifestazione”. E non è un caso che anche ai nostri giorni la competizione, l’antagonismo, la contesa tra i quattro rioni siano gli elementi principali dai quali trae origine la spinta vitale della festa, che con il suo spettacolo grandioso richiama spettatori non solo dai paesi del circondario, ma anche dalle province e dalle regioni a noi più vicine. (Barbara Prosperi)
Nelle foto: alcune immagini del 1938.
L’Associazione Turistica Pro Loco ringrazia sentitamente l’Associazione Culturale Il Pontormo per avere cortesemente messo a disposizione alcuni rari scatti delle manifestazioni svoltesi negli anni Trenta del secolo scorso


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