Il 15 aprile in scena

L'uno e trino Riccardo Goretti

Annunziata detta Nancy è uno spettacolo sulla memoria e sul senso di solitudine che è impossibile da ottenere quando si acquisisce la consapevolezza che il nostro corpo non ci appartiene veramente ma è fatto di tanti altri corpi, vite ed esperienze che sono esistite prima e che, anche contro la nostra volontà, faranno sempre parte di noi.
Scritta tra il 2011 ed il 2012 e debuttata nel 2012 a Sansepolcro con la produzione di NATA e di Kilowatt Festival e poi replicata in tutta Italia, la prima opera teatrale solista di e con Riccardo Goretti torna in scena nei locali dell’associazione culturale Pandora di Seano domenica 15 aprile alle ore 21 con ingresso a 8 euro (prenotazione al numero di cellulare 370 3456824).
Per raccontare la sua esperienza teatrale e la storia che c’è dietro e dentro ai vari personaggi del monologo abbiamo incontrato l’autore ed attore, Riccardo Goretti.

Come è nata la passione per il teatro?
Ho iniziato nel 2002 a fare teatro, quasi per caso. Facevo spettacoli per bambini con la compagnia NATA, non ho mai frequentato una scuola. Ho imparato a fare teatro facendolo e maturando esperienze.

Quale esperienza può essere ritenuta fondamentale? 
Sicuramente la compagnia de Gli Omini che ho fondato nel 2006 con Luca Zacchini e Francesco Rotelli. In quel periodo che è durato sei anni sono riuscito a fare il salto.

Dopodiché cosa è successo?
Nel 2012 ho iniziato un percorso da solista in cui ho scritto molto e continuò a farlo. Di questa nuova fase fa parte anche Annunziata detta Nancy.

L’immagine di questo spettacolo è un albero genealogico. Perché?
Questo spettacolo strutturato come monologo parla di una famiglia, ma non di una qualsiasi, della mia. Quando ho iniziato a scrivere il testo non sapevo se quest’idea potesse interessare o meno, ciò che secondo me lo ha fatto funzionare è che tutto ruota intorno a pensieri e sensazioni in cui molti possono rispecchiarsi.

Chi è Annunziata detta Nancy?
La storia inizia proprio con il personaggio di Annunziata Celli che è mia nonna. La considero un personaggio meraviglioso, inconsapevole di essere stata una grande drammaturga, comica e tragica al tempo stesso.

Ci sono anche altri personaggi nello spettacolo?
Si, il mio babbo Angiolo Goretti con questo nome assurdo di cui si parla nel testo e mia mamma Mariarosa Galastri. La storia è giocata su incastri cronologici, per cui i personaggi si passano il testimone grazie a degli eventi, come la nascita del babbo o l’incontro tra i miei genitori fino ad arrivare alla mia nascita.

Perché scrivere della propria famiglia?
Erano le uniche persone di cui fidarmi in un momento di smarrimento. Era la prima volta da solista dopo avere lasciato la compagnia de Gli Omini e scrivere ha rappresentato una rinascita: il testo si basa su interviste che ho registrato, sbobinato e riscritto mantenendo le loro parole e anche i dialetti, che sono con sfumature impercettibili il bibbienese per la mamma è lo stiano per la nonna ed il babbo.

Qual è il senso profondo di questo lavoro?
Credo sia fotografare la propria discendenza e raccontare qualcuno della tua famiglia come persona andando oltre la dimensione familiare.

Nel riportarlo in scena c’è nostalgia?
Sono nostalgico per natura e se si percepisce nostalgia nel testo non è merito mio, sono loro che mi hanno aiutato a farla emergere, in particolare la nonna.

Come sarebbe Annunziata detta Nancy scritta oggi?
Riscrivere questo testo sarebbe impossibile perché la drammaturgia è fusa con la vita. Quando la nonna è morta volevo anche smettere di fare questo spettacolo in cui i vivi parlano dei morti al passato. Ci sarebbe stato un errore registico, poi mi sono ricordato come tutto ha avuto inizio e se continuo ad andare in scena lo faccio perché per me è un modo di preservare la memoria.
Valentina Cirri
(Le fotografie sono di Emanuele Girotti)

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