San Michele, teatro di strada contro l’indifferenza

Rioni in piazza affrontano temi che animano la società

Prima discesa in piazza, sabato 27 settembre, per l’edizione 2025 della festa di San Michele: sfilata in notturna, dopo corteggio storico e benedizione dei ciuchi, mezz’ora a rione come da regolamento e tanta voglia di raccontare non solo storia e memorie di Carmignano ma soffermarsi su temi d’attualità che animano, a volte anche con discussione, la società. In fondo è questo che il teatro dovrebbe o potrebbe fare ed anche il teatro in strada corale del San Michele non è da meno e si fa ‘politico’, nel senso di parlare alla ‘polis’ della ‘polis’, racconta la comunità alla comunità. Una sensibilità cresciuta negli ultimi anni, con i rioni celeste, verde, bianco e giallo che hanno scelto di affrontare tematiche scomode come la disabilità, la pazzia, l’immigrazione, la violenza di genere, il lavoro e la guerra. Alla maniera della festa: con musiche d’epoca insieme a brani contemporanei, carri maestosi e scenografie e costumi ad effetto, anche quest’anno, e tanti volontari dietro le quinte a lavorare tutto l’anno, di anno in anno, dedicando il proprio tempo alla scelta del soggetto e alla messa in scena, per regalare tre giorni di magia in cui le vie del paese e la piazza centrale si trasformano in un grande palcoscenico a cielo aperto che incanta adulti e bambini, che vi prendono parte o che assistono dalle tribune, gremite già dalla prima serata.

Ecco quindi il resoconto e il commento da bordo vasca: tre rappresentazioni con voce narrante femminile e una maschile, tutte storie di persone semplici che contengono messaggi autentici di amore, aiuto, resistenza e salute mentale.

Il primo rione a scendere in piazza sabato è stato il Verde, che con la regia di Andrea Bruni ha raccontato la storia di Nella Borchi, carmignanese che ha dedicato la sua vita ad aiutare il prossimo, anteponendo sempre il bisogno degli altri a se stessa, tanto che a Carmignano c’è una strada che porta il suo nome. In scena troviamo Nella anziana che racconta la sua vita alla nipote, mostrandole una cicatrice sul polso, che le ricorda infatti un patto di sorellanza femminile con le sue amiche di gioventù, Teresa e Giulia: la prima massacrata da fascisti che ne volevano abusare e la seconda morta in un bombardamento. Questo duplice lutto impone a Nella una presa di coscienza: la Nella anziana e la Nella giovane ripetono la stessa frase. “Vivrò anche le vostre vite amiche mie, …aiuterò la gente e non avrò più paura”. Il patto di amicizia, sancito per sempre, diventa quindi un patto con il proprio sé (“fedele a me e alla mia libertà” aveva infatti giurato la Nella giovane). L’attività benefica di Nella si concretizza negli anni Settanta quando anche a Carmignano c’è un particolare fervore intorno al femminismo e al divorzio, con un ripensamento dei ruoli dell’uomo e della donna e della famiglia. L’aiuto, questo il messaggio finale di “Cuore senza confini”, quando è praticato in maniera disinteressata, aiuta a vincere la rabbia e la solitudine. Una sfilata ben recitata, anche nei movimenti in scena: degno di nota è il carro dei soffioni.

Secondo rione in gara è stato il Giallo che ha dedicato “Te lo do io il boogie woogie” diretto da Rosario Campisi alla memoria di Vitale Farruggio. La storia è quella di Anna, una bambina che cadde nel pozzo della chiesa di Carmignano e fu salvata, e quella storia semplice diventa un mezzo per parlare di un tema universale, “l’amore che non vuole avere ma soltanto amare”. Il pregio dello spettacolo è quello di avere combinato musiche d’epoca a musiche contemporanee e la narrazione in terza persona a stralci di interviste in cui si ascolta la vera voce della protagonista. Troviamo così Anna bambina, sognatrice e leggera, che scrive una lettera ad Ermanno, suo vicino di casa arruolato come soldato, poi adolescente preoccupata per il cognato Sergio, prigioniero di guerra e poi tornato a casa. Sul finale la vediamo cresciuta, appassionata di boogie woogie e desiderosa del grande amore, il marito Carlo di cui si innamora alle giostre. La sua biografia si intreccia in scena a quella di donne che non hanno più una voce e che possono essere soltanto ricordate, vittime della follia cieca di mariti e compagni, tutte insieme in piazza a tenere insieme dei palloncini rossi.

“Come un fiore che non passa mai” è la rappresentazione del rione Bianco diretta da Lorenzo Tarocchi, che ha raccontato la storia del commediografo Augusto Novelli dal punto di vista della moglie, Giulia Nannini. Siamo alla fine dell’Ottocento, c’è stata l’unità di Italia e Novelli è un autore e giornalista spiantato avverso al governo Crispi. Per la sua attività politica viene incarcerato per tredici mesi alle Murate di Firenze e scarcerato grazie all’aiuto di Giulia e dell’intellettuale Andrea Niccoli. Giulia Nannini viene raccontata come moglie e musa: grazie alla sua presenza e prendendo spunto dalle gente di Carmignano, Novelli scrive e porta in scena nel 1908 al teatro Alfieri di Firenze “L’acqua cheta”, opera di grande successo che conferisce dignità letteraria al vernacolo fiorentino. Degno di menzione il carro del teatro che mostra la messa in scena dello spettacolo in forma di metateatro di gusto pirandelliano. Il successo e l’amore non bastano però a guarire la malattia di Giulia e qui lo spettacolo fa un salto di qualità, affrontando in maniera franca ma delicata il tema della salute mentale. La depressione che porta la moglie di Novelli al suicidio è rappresentata da un carro allegorico realizzato con materiali di scarto, un labirinto della mente senza vie di fuga, un pensiero ossessivo e compulsivo che che come una mano schiaccia verso il basso. La scena qui è drammatica e resa da un ballo incalzante e ansiogeno in cui Novelli tenta di salvare la moglie che gli cade continuamente dalle braccia e alla fine risucchiata dentro un vortice di ballerine vestite di nero. Smarrito e disorientato dalla morte della moglie, Novelli viene aiutato dall’amico Niccoli e decide di continuare a scrivere (“farò ridere mentre dentro piove”). Il messaggio finale è che può esserci una seconda opportunità se siamo in grado di trasformare il dolore in atto di resistenza e di memoria.

Ultimo rione e voce fuori dal coro il rione Celeste con “Opzione Z”, una storia ambientata a Carmignano nel 2075 per la regia di Lorenzo Ulivagnoli, al suo esordio al San Michele. In questo futuro distopico ma non lontano, gli abitanti di Carmignano vivono sotto una dittatura che in nome del “progresso” ha cancellato qualsiasi legame col passato e con la storia. Dopo la demolizione della Villa medicea di Artimino e la chiusura del Galli e della bottega del Fochi, l’ultimo atto reazionario consiste nel bruciare i libri dell’ultima biblioteca sopravvissuta. Un chiaro richiamo ad un passato oscurantista e in parte a molte dittature dei nostri giorni in cui un regime permea il pensiero delle masse, imponendo la propria versione della verità. In una scena caratterizzata da varie tonalità di grigio si alza una voce. Tommaso, il protagonista, trova un libro scampato al rogo “Ricordi di una Carmignano che fu”. Grazie alla sua coscienza, rappresentata in scena come una figura allegorica in bianco, Tommaso scopre tradizioni e simboli del suo paese che gli fanno levare un grido contro il sistema, esprimere la sua versione di verità anche a costo della vita. Nel finale carico di speranza, in cui si aprono ventagli coi colori della bandiera della pace, si lancia un messaggio di resistenza, scegliere “un’altra opzione, l’unica che ti restituirà la tua vera libertà”.

Come il teatro insegna la verità non è mai una sola e compito del teatro è proprio illuminare la mente sulle possibili interpretazioni. Soprattutto non rimanere indifferenti.

A mezzanotte passata, dopo le sfilate è la volta del palio dei ciuchi, che quest’anno si correrà non su tre ma su cinque corse in tre giorni. Sabato si è disputata la prima che ha visto la vittoria del verde, spalla a spalla fino agli ultimi metri con il celeste, seguiti sulla linea del traguardo, più distanti, da bianco e giallo. Nelle successive quattro corse tutto ancora può succedere.

Per sapere invece chi si aggiudicherà il premio per la migliore rappresentazione occorrerà attendere l’apertura delle buste dei quindici giurati, cinque per sera, che avverrà al termine dell’ultima serata di lunedì 29 settembre. (Valentina Cirri)

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