Fortunato Picchi, eroe dimenticato

Protagonista della Resistenza carmignanese

La Resistenza carmignanese è fatta di storie e di personaggi che non si esauriscono ai ben noti fatti dell’11 giugno 1944 alla stazione di Carmignano oppure all’eccidio del 6 agosto 1944 ad Artimino. Ci sono figure, come quelle di Mauro Chiti oppure di Sergio Sorri, che per anni sono state lasciate all’oblio, ma che negli ultimi anni hanno trovato la loro giusta collocazione nella storia.
Martedì 6 giugno 2017 sarà la volta di Fortunato Picchi, l’eroe dimenticato, per anni trattato come traditore nei confronti della patria. Sulla sua figura e sull’azione internazionale che lo ha visto impegnato contro il fascismo si svolgerà una conferenza allo Spazio Giovani di Comeana dalle ore 21.30 a cura dello storico Alessandro Affortunati, che dal 1999 svolge ricerca storica sul sovversivismo e sull’antifascismo del Montabano su incarico del Comune, da cui è scaturito anche il volume “Di morire non mi importa gran cosa. Fortunato Picchi e l’operazione Colossus”. Interverranno l’assessore del Comune di Carmignano Stella Spinelli, l’assessore del Comune di Vaiano Federica Pacini e la presidente ANPI provinciale di Prato Angela Riviello.
Fortunato Picchi nasce a Carmignano il 28 agosto 1896 all’interno di una famiglia numerosa, composta dai genitori (Ferdinando Picchi e Jacopina Pazzi), dai fratelli, Averardo, Cleto, Giorgio e Sergio e dalle sorelle Leonia ed Olga. Nel febbraio del 1910 la famiglia si trasferisce a Prato nella zona della Tignamica, dove il padre si impiega come cuoco nella ditta “Forti” alla Briglia, sulla strada per Vaiano, che all’epoca era uno dei più grandi stabilimenti tessili industriali della città. Nel 1915 viene chiamato alle armi come soldato semplice per combattere sul fronte macedone e viene congedato nel 1919. Due anni più tardi decide di trasferirsi a Londra dove lavora come cameriere, torna successivamente in Italia ma ci resta soltanto per pochi mesi. Riparte di nuovo per Londra nel 1925 ed inizia a lavorare al Savoy Hotel.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale Picchi viene internato, come altri cittadini italiani, nell’isola di Man e lì resta fino al 1940. Ne esce dopo aver fatto richiesta di entrare nel corpo dei pionieri e dopo poco tempo in quello dei paracadutisti, in cui si sottopone ad un duro addestramento. Per sentirsi utile nei confronti del proprio paese Picchi si offre come interprete durante un’operazione, la Colossus, molto rischiosa. La sua squadra viene incaricata di danneggiare l’acquedotto pugliese. L’azione non ha l’effetto sperato, se non quello di privare di acqua le popolazioni del foggiano e del barese. La fuga non ha buon esito, i paracadutisti infatti sono catturati dai carabinieri: i britannici sono deportati nei campi di concentramento mentre Picchi, che inizialmente dichiara un’identità francese, viene giustiziato a Roma con fucilazione alla schiena il 6 aprile 1941.
Fortunato Picchi è stato una figura interessante della Resistenza italiana ma per lungo tempo caduto nell’oblio e considerato un traditore. La sua storia in realtà parla di tutto, ma non di tradimento. Picchi infatti emigra all’estero dove si costruisce una solida posizione lavorativa, si integra facilmente nella società britannica – tifa la squadra di calcio Arsenal – ma nonostante la vita lontana dall’Italia non dimentica mai il suo paese e sceglie infatti di mantenere la nazionalità italiana.
Questo però da solo non basta a raccontare il suo sentimento patriottico: Picchi infatti si fa portavoce di un messaggio di libertà e decide di arruolarsi come volontario non per egocentrismo ma per il bisogno di fare qualcosa di utile per il proprio paese e di combattere contro il regime fascista, come dirà durante il processo di fronte al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. Essere considerato un traditore è stato anche il timore di Picchi, che in una lettera alla famiglia scritta prima della fucilazione scrive: “mi dispiace… per voi e per tutti di casa di questa sciagura e del dolore che vi arrecherà… Di morire non m’importa gran cosa, quel che mi dispiace è che io, che ho voluto sempre il bene del mio Paese, debba oggi esser considerato come un traditore”.
Le ragioni che hanno portato a dimenticarlo sono molteplici. La famiglia si è opposta a qualsiasi strumentalizzazione politica di Picchi, che è stato partigiano nel 1941, oltre tutto all’estero, e non ha mai professato nessun tipo di adesione ad un partito politico, se non l’amore generale per la democrazia. Questo lo ha reso poco “riconoscibile”, non è un caso infatti che i britannici lo abbiano sempre descritto non come un politico ma come un “idealista” e “martire del nuovo Risorgimento”, tanto da dedicargli una sezione dell’Ospedale Regina Elisabetta. (Valentina Cirri)
Leggi anche:
Storie di antafascisti e presunti sovversivi a Carmignano
Hanno scritto e parlato di Fortunato Picchi:
Mr. Fortunato Picchi, Life sacrifed for freedom, articolo apparso sul Times il 16 aprile 1941
La Nazione del Popolo, Cronaca di Prato, 21 febbraio 1946
Alessandro Affortunati, Mille volte no. Sovversivismo ed antifascismo nel Carmignanese. Con un profilo di Fortunato Picchi, prefazione di Ivan Tognarini, Edizioni Mir, 1999
Carlo Onofrio Gori, Vita e morte di un “traditore”: Fortunato Picchi, Un antifascista pratese per lungo tempo dimenticato, 11 marzo 2007
Alessandro Affortunati, Di morire non m’importa gran cosa. Fortunato Picchi e l’operazione Colossus, prefazione di Mario Baudino, Pentalinea, 2004

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