Alberto Moretti e Carmignano

Un rapporto d'amore

Alberto Moretti ha amato Carmignano in maniera profonda ed incondizionata. Vi ha trascorso i primi trent’anni della sua vita, vi ha fatto continuamente ritorno, ed infine vi si è trasferito in pianta stabile per passarvi la stagione della tarda maturità e della vecchiaia. Pur essendo stato definito “cittadino del mondo” a causa dei numerosi viaggi e dei prolungati soggiorni che ha compiuto all’estero (per molto tempo ha vissuto in Francia e negli Stati Uniti d’America ed ha inoltre visitato tantissime nazioni straniere), non ha mai reciso il legame col paese natale, cui è approdato nella parte finale della sua esistenza con il chiaro proposito di trovarvi la dimora ultima e definitiva. La sua terra, le colline che ne animano il paesaggio, le piante degli olivi esercitavano sull’artista un fascino ed un richiamo ineludibili, lo hanno avvinto per sempre al suo territorio e gli hanno fornito l’ispirazione per molte delle sue creazioni.

Le prime opere di Moretti, realizzate tra la fine degli anni Trenta e la prima parte dei Quaranta, eseguite con uno stile figurativo fortemente debitore nei confronti dei lavori di Soffici e di Rosai, in effetti hanno spesso per soggetto la campagna di Carmignano, i suoi rilievi, i suoi alberi e le sue piante, i casolari che vi sono disseminati. Dipinti ad olio, a tempera, ad acquerello, e soprattutto una sequenza sterminata di disegni – tratteggiati a matita, a carboncino, a penna, a china – raffigurano con affetto gli oliveti e le vigne, le case e le ville, e per finire le persone che le abitano. Tra gli schizzi più intensi e significativi firmati dall’artista nel periodo dell’adolescenza e della giovinezza si segnalano sicuramente i ritratti dei tanti personaggi che in quegli anni frequentano la sua casa, dove la madre esercita la professione di sarta, o quelle limitrofe, per passare le serate “a veglia” in compagnia di parenti, amici e vicini.

Contadini ed operai dall’aria stanca, con il berretto in testa e la giacca sulle spalle, donne con il capo chino sul lavoro, intente ad intrecciare con le mani abili e nodose i fili della rafia e della paglia, bambini accovacciati per terra o seduti a ripassare la lezione, cani e gatti disposti liberamente sul pavimento o nell’aia trovano il loro spazio nei disegni di Moretti, che rappresenta un’umanità varia ed estremamente veritiera, specchio fedele della società carmignanese del tempo, composta in gran parte da agricoltori, braccianti, trecciaiole, persone comuni, semplici, genuine, appartenenti in prevalenza agli strati più umili della popolazione.

Anche quando il linguaggio pittorico dell’artista assume i modi dell’astrazione geometrica, il paesaggio e gli abitanti della terra natia rimangono al centro dei suoi interessi pur presentandosi sulla tela in maniera trasfigurata, con forme stilizzate, squadrate, apparentemente lontane dalla realtà. Lo dimostrano inequivocabilmente opere come “Contadini”, “Case rosse”, “Castagnati”, “Forme naturali”, “Foglie”, datate tra il 1946 e il 1947. Perfino i dipinti che appartengono alla fase informale prendono non di rado spunto dal mondo che circonda il pittore, come testimoniano chiaramente titoli quali “Forme terrestri” o “Territorio antico”, situati cronologicamente tra il 1954 e il 1955.

Proprio alla metà degli anni Cinquanta Moretti abbandona Carmignano per trasferirsi a Firenze, città nella quale può curare meglio la propria carriera artistica, e da lì si sposta poi a Roma, Milano, Parigi, New York, intessendo una fitta e complessa rete di rapporti con intellettuali, movimenti culturali e gallerie che lo portano ad affermarsi a livello sia nazionale che internazionale. Il suo cuore e la sua mente tuttavia rimangono avvinti al paese d’origine, alla sua morfologia, alla sua storia ed alle sue tradizioni, ai suoi abitanti. Quando la sua produzione si volge alla riflessione concettuale, l’attenzione dell’artista si focalizza non a caso sull’arte dell’intreccio tipica della zona, e le caratteristiche creazioni a base di paglia e di rafia vengono poste al centro di “Techne e Lavoro come Arte”, del 1975, mentre alcuni manufatti di questo tipo vengono adoperati da Moretti come supporto per alcuni suggestivi dipinti come “Spirale d’acqua” o “Sagittario”, del 1980.

A cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta il pittore riprende a frequentare assiduamente Carmignano, dove edifica una grande abitazione nelle vicinanze dell’antica Rocca, nel punto più alto del paese, dal quale si può ammirare uno spettacolare panorama su Firenze, Prato e Pistoia. Vi prende definitivamente dimora nel 1994, in concomitanza con la chiusura della Galleria Schema, da lui fondata e diretta insieme a Raul Dominguez e Roberto Cesaroni Venanzi per oltre vent’anni nel capoluogo toscano. Il ritrovato contatto con la natura, l’immersione nel verde, l’osservazione dei fenomeni atmosferici offrono nuova linfa all’ispirazione dell’artista, che in questo periodo realizza opere di ampio respiro su immensi fogli di carta, che ordina su misura e si fa recapitare direttamente da Fabriano. Anche se all’apparenza si tratta di lavori informali, sono i colori, la luce, perfino i suoni dell’ambiente naturale che lo avvolge che offrono a Moretti lo slancio per dare vita a questi affascinanti dipinti, tra i quali figurano “Creato”, “Terrestre”, “Sidereo”, “Meteora”, le due versioni di “Raggio verde”, “Bagliori”, “Vibrazione”, compresi tra il 1991 e il 1996, e molti altri.

All’inizio degli anni Duemila nasce un intenso sodalizio tra Moretti e Dominguez da un lato e l’amministrazione comunale di Carmignano dall’altro, che intende valorizzare sia il lavoro individuale svolto dall’artista nel corso della sua lunga carriera sia l’esperienza maturata dalla Galleria Schema. Grazie anche al contributo fondamentale della Regione Toscana nascono così il Cantiere d’Arte Alberto Moretti, varato nel 2004, e lo Spazio d’Arte Alberto Moretti|Schema Polis, inaugurato nel 2008. Nel 2006 intanto con la mostra intitolata “Alberto Moretti a Carmignano 1945-1956. Tra astrattismo geometrico e informale” prende l’avvio l’esposizione delle opere del maestro, che vengono periodicamente esibite al pubblico per presentare le tappe più importanti del suo percorso creativo. Questa prima antologica trova alloggio nell’antica Cappella di San Luca, presso il complesso parrocchiale di San Michele Arcangelo. Nel 2008 seguono altre due importanti mostre, “Ibridazioni autonome 1959-1963. Alberto Moretti e le nuove tendenze artistiche a Firenze” e “Alberto Moretti. La collezione”, ospitate entrambe presso il centro espositivo dedicato al pittore. Nonostante le numerose collettive e personali collezionate nelle gallerie, nei musei, nei palazzi più celebri del mondo, per sua stessa ammissione sono queste le più care al suo cuore, perché allestite nel paese che gli ha dato i natali.

Alla sua terra Moretti decide di lasciare tutto di sé: la sua casa-studio, le opere, il materiale documentario ed i libri che essa contiene, e perfino le sue spoglie. L’artista si spenge all’ospedale di Prato il 29 maggio 2012, in una calda e luminosa mattina di primavera. Il giorno successivo viene esposto a Firenze presso la basilica della Santissima Annunziata, nella cappella dove riposano i resti del Pontormo, e riceve l’omaggio dei professori dell’Accademia delle Arti del Disegno. Viene poi trasferito a Carmignano allo Spazio d’Arte che porta il suo nome, e l’indomani nella chiesa di San Michele Arcangelo si svolgono le esequie. Dopo aver ricevuto l’affettuoso saluto dei suoi compaesani Alberto viene tumulato nel piccolo cimitero di campagna di Comeana, a pochi passi di distanza dalla tomba etrusca dei Boschetti. (Barbara Prosperi)

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