“Il San Michele fu una scelta naturale”

Giuliano Petracchi racconta la 'sua' festa

Le origini del San Michele si perdono nella notte dei tempi. Inizialmente la festa si svolgeva durante una sola giornata, con il palio dei ciuchi nel pomeriggio e la sfilata folkloristica in tarda serata. Oltre al palio e al trofeo per la migliore sfilata ogni rione gareggiava anche per la più bella decorazione della contrada. C’erano anche tanti eventi collaterali: nella cosiddetta settimana di San Michele venivano organizzate mostre e manifestazioni politiche. A raccontarci la festa com’era, il suo tempo perduto che ormai appartiene alla tradizione ed alla nostalgia del ricordo, è la voce di Giuliano Petracchi (classe 1948), memoria storica con un’esperienza tutta particolare, divisa tra il rione Celeste ed il rione Bianco.

Ebbene Giuliano, come inizia questa storia?

“Sono nato a Carmignano ed ho sempre vissuto nella casa della mia famiglia in via Chiti. Ho iniziato a partecipare alla festa di San Michele molto presto, ero ancora un bambino quando mi sono vestito la prima volta. In casa mia si parlava soltanto del rione Celeste”.
Un amore per tutta la vita e le notti tirate in lungo per realizzare le sfilate …
“I miei genitori si erano conosciuti al cantiere ed avevano partecipato alle prime edizioni negli anni Trenta come figuranti. La festa era nata nel 1932. Prima della guerra avevano sfilato anche alla festa dell’Uva all’Impruneta, dove era stata inviata una delegazione del San Michele di Carmignano. Il babbo era anche volontario al cantiere, lavorava ai carri. Senza accorgermene ero nato dentro il San Michele: partecipare alla festa non fu una scelta personale ma una conseguenza del modo di pensare e di vivere della mia famiglia”.
Con l’arrivo della guerra il San Michele viene sospeso. Passano non pochi anni, poi nel 1957 rinasce. Come andò?
“E’ proprio nel 1957 che inizia la mia esperienza nel rione, il primo anno dopo la lunga interruzione. Le famiglie che avevano chiesto di ripristinare questa tradizione erano i Rigoli e i Niccolini. Lapo e Arrigo Rigoli erano i personaggi di punta del rione Celeste. Lapo era laureato in legge ed era il regista del rione, un uomo di polso capace di farsi rispettare. Arrigo era laureato in architettura e si occupava della progettazione e della scenografia dei carri”.
Quell’anno portaste in piazza l’antica fiera, vero?
“La prima sfilata me la ricordo bene, perché il Celeste vinse. si intitolava “L’arrivo dei saltimbanchi” ed era una sfilata molto colorata, ispirata appunto alla fiera, con tanti personaggi come la donna cannone, l’uomo forzuto, la cavallerizza, l’incantatrice di serpenti, la cartomante e il cantastorie”.
Il San Michele a Carmignano come il Carnevale a Viareggio, divertimento ma anche goliardia…
“Da bambino per me il San Michele rappresentava uno dei pochi divertimenti. Nei giorni che precedevano la festa era tutto un preparativo e l’attesa creava molta trepidazione. C’era sempre un rione che organizzava una sfilata ai quartieri generali degli altri con camion e motorini per entrare nello spirito di San Michele e incitare alla goliardia”.
Poi che successe? Come è arrivato al rione bianco?
“All’inizio degli anni Sessanta ci fu una spaccatura nel San Michele e nella mia famiglia. Il rione bianco si sentiva isolato rispetto agli altri, limitato esclusivamente alla frazione di Santa Cristina: così chiese di estendersi fino a via Bellini e via Chiti, a ridosso della chiesa. Molti non avevano intenzione di aderire, ma i giovani, tra cui io e mia sorella, seguirono subito l’onda del cambiamento e dei nuovi confini”.
Babbo e mamma?
“I miei genitori rimasero fedeli alla bandiera del celeste fino al 1969, l’anno in cui al rione Bianco arrivò Gino Balena. La sua fu una rivoluzione contagiosa. Nel 1969 vinse il giallo, che portò in piazza “La smigliacciata”, ma per tutti il vero vincitore era stato il bianco”.
Balena cambiò il San Michele, portandolo verso il teatro che è oggi. Cosa si ricorda?
“Quando Gino Balena arrivò da Cesena a Carmignano aveva ventisei anni. Aveva i capelli lunghi e portava i pantaloni a zampa di elefante. Aveva studiato architettura ed insegnava arte alle scuole medie di Carmignano.
Il ‘fidanzamento’ poteva non funzionare: un eccentrico in un paese tradizionale e di campagna …
“Al rione Bianco, dove entrò nel 1969, lo chiamavano tutti “professore”. C’era chi lo considerava un artista e chi un diverso per l’atteggiamento stravagante, in realtà era soltanto un uomo dotato di una sensibilità superiore rispetto all’ordinario, mai arrabbiato e sempre gentile con chiunque gli chiedesse un parere. Abitava a Bacchereto e il suo più grande pregio fu quello di creare un gruppo di persone unite dentro e fuori il rione. Gli anni Settanta erano anni di cambiamento anche per un paese piccolo come Carmignano e Balena portò la rivoluzione, soprattutto nella concezione della festa”.
Ovvero?
Prima le sfilate erano semplici, Balena introdusse elementi scenografici nuovi come le statue, musiche diverse, abiti stravaganti che faceva disegnare ai suoi amici universitari. Gino sapeva dare alle cose un tocco personale: le statue erano fatte di scagliola e i carri prendevano vita dopo essere stati “imbrattati” di colore.
Furono anni carichi di emozione, par di capire …
“Le sfilate più belle per me rimangono quelle di Gino Balena, in particolare “Carmignano è tuo difendilo” del 1973. Lo confesso: sono rimasto legato emotivamente a quegli anni. Oggi la festa è cambiata, non poteva rimanere come era. E’ diventato ancor e sempre più teatro, ma molti rioni non erano pronti al salto. C’è bisogno di tempo per adattarsi ad un qualsiasi cambiamento. E magari tra qualche anno cambierà ancora: i temi per forza legati a Carmignano rischiano di esaurirsi e ci potrebbe essere un diverso regolamento”.
Solo questo?
“La festa è cambiata anche a livello di spirito. La società si è evoluta, ci sono più mezzi e più tecnologie a disposizione, ma c’è anche meno divertimento. Non è colpa di nessuno, ma prima ci divertiva molto di più, anche se si avevano meno cose”. (Valentina Cirri)
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