Caterina de’ Medici, regina di Francia

Fu lei a portare il cabernet in Toscana

Sebbene il cinquecentenario della scomparsa di Leonardo da Vinci, cui anche questo portale sta dedicando ampio spazio, stia catalizzando su di sé l’attenzione del grande pubblico, il 2019 registra altri due anniversari particolarmente importanti; si tratta anche in questi casi di due cinquecentenari (anche se di nascita e non di morte) e di due personaggi toscani, tra i discendenti più illustri della dinastia medicea: Caterina de’ Medici, prima regina di Francia di origine italiana, e Cosimo I, primo granduca di Toscana insignito del titolo dall’imperatore Carlo V. In questa occasione parleremo di Caterina, venuta alla luce nel mese di aprile, mentre di Cosimo, nato a giugno, tratteremo più avanti.

Caterina ebbe il merito di introdurre oltralpe numerose innovazioni (tra le tante che le vengono attribuite solitamente si ricordano la forchetta e le mutande) e di esportare in Toscana il cabernet, vitigno utilizzato ancora oggi per produrre i più pregiati vini di Carmignano, indicato un tempo come “uva francesca”, cioè francese, a suggerirne inequivocabilmente la provenienza transalpina.

Caterina Maria Romola de’ Medici, conosciuta più semplicemente come Caterina de’ Medici, nacque a Firenze il 13 aprile del 1519 da Lorenzo de’ Medici, figlio di Piero il fatuo o lo sfortunato, a sua volta figlio di Lorenzo il Magnifico, e da Maddalena de La Tour d’Auvergne, contessa di Boulogne. I due si erano sposati l’anno precedente per cementare l’alleanza tra la signoria fiorentina e la monarchia francese, dopo che Lorenzo, grazie all’appoggio dello zio Leone X, aveva ottenuto il governo del capoluogo toscano e il titolo di duca di Urbino. Era un giovane dotato di un fisico potente che faceva di lui un abile cavalcatore e cacciatore, aveva un aspetto piacente, era carismatico e scaltro, e a lui il Machiavelli dedicò la sua opera più celebre, “Il Principe”, mentre Michelangelo ne eternò la figura idealizzando la sua immagine nello splendido condottiero pensoso della Sagrestia Nuova nel complesso di San Lorenzo. L’arrivo della bambina fu ben accolto da entrambi i genitori, che ne ebbero “parimenti preso quel piacere che se fussi stato maschio”, ma la sorte non si rivelò benevola con la piccola, che nel giro di tre settimane perse prima la madre e poi il padre: Maddalena si spense infatti il 28 aprile a causa di febbri puerperali, Lorenzo morì invece il 4 maggio, stroncato probabilmente dalla sifilide.

Caterina diventò ben presto oggetto di scontro: in un primo momento Francesco I avanzò la richiesta che la bambina venisse cresciuta in Francia, cercando di usarla come ostaggio per convincere il pontefice a rispettare gli accordi presi in precedenza tra i due, ma Leone X, che aveva la tutela della piccola, si oppose; la neonata fu allora allevata a Roma dalla nonna paterna, Alfonsina Orsini, e dopo la scomparsa di quest’ultima l’anno seguente venne affidata alle cure delle zie Clarice de’ Medici, moglie di Filippo Strozzi, e Maria Salviati, sposata con Giovanni dalle Bande Nere. Alla morte di papa Leone, avvenuta nel 1521, la tutela della bambina passò al cardinale Giulio de’ Medici, che due anni più tardi ascese al soglio di Pietro. Nel 1525 il nuovo pontefice dispose che Caterina tornasse a Firenze, nel palazzo di via Larga dove aveva visto la luce, e dove trascorse in effetti parte dell’infanzia in compagnia di Ippolito e Alessandro de’ Medici, figli naturali rispettivamente di Giuliano de’ Medici, duca di Nemours, e dello stesso Giulio de’ Medici. Stando alle cronache del tempo sembra che si sviluppasse in questo periodo il forte affetto che legò profondamente la fanciulla ad Ippolito, di cui pare fosse segretamente innamorata.

Clemente VII intanto si era alleato con Francesco I contro Carlo V, ma la clamorosa disfatta subita dall’esercito francese nella battaglia di Pavia espose il Vaticano alla rivalsa imperiale, che raggiunse il suo culmine quando i lanzichenecchi misero a ferro e fuoco la Città Eterna. Dopo il sacco di Roma (6 maggio 1527) a Firenze scoppiò una rivolta contro il dominio mediceo, a seguito del quale il pontefice propose un armistizio con Carlo V, che accettò e pose sotto assedio il capoluogo toscano. In questo turbolento periodo Caterina venne tenuta in ostaggio e rinchiusa in vari monasteri fiorentini, tra cui quello delle Murate, dove venne accudita dalle suore di clausura. Quando nel 1530 la città si arrese e l’assedio cessò, la bambina fece ritorno a Roma e si ricongiunse a papa Clemente. Quest’ultimo cominciò a pensare ad un matrimonio vantaggioso per la sua protetta, e dopo aver preso in considerazione i rampolli delle maggiori dinastie d’Italia e d’Europa accettò infine la candidatura di Francesco I, che aveva proposto il suo secondogenito Enrico, duca di Orléans. Caterina, a cui non difettava l’intelligenza, iniziò a studiare il francese, che apprese rapidamente e fu in grado di parlare con scioltezza e proprietà di linguaggio al momento del suo ingresso in Francia.

Nell’autunno del 1533 la giovane giunse a Marsiglia, dove conobbe il promesso sposo e il suocero, e il 28 ottobre il pontefice celebrò personalmente le nozze dei due ragazzi, che avevano appena quattordici anni. In base agli accordi matrimoniale Caterina avrebbe dovuto portare al re di Francia una dote straordinaria, ma dopo la morte di Clemente VII, che si spense nel settembre del 1534, il suo successore Paolo III sciolse l’alleanza con Francesco I e si rifiutò di corrispondere la dote pattuita, così che il re in seguito ebbe a dire: “Ho avuto la ragazza nuda e cruda”. Benché la giovane fosse stata ben accolta dalla famiglia reale, non le mancarono i dispiaceri, che si sarebbero protratti fino alla fine dei suoi giorni: mentre i sudditi la apostrofavano negativamente come “la fiorentina”, molti nobili non nascosero il loro disprezzo nei confronti di quella che veniva etichettata come una volgare “figlia di banchieri”; inoltre il marito Enrico, per il quale la ragazza provava un sincero affetto, era innamorato di Diana di Poitiers, una donna molto più grande di lui (tra i due intercorrevano vent’anni di differenza) che fu la sua amante per oltre un ventennio, frequentando liberamente la corte di Francia ed influenzando profondamente le scelte dell’amato.

Caterina da parte sua continuò ad accrescere la propria preparazione culturale, che non mancava di conquistare quanti entravano in contatto con lei: la duchessa oltre all’italiano e al francese padroneggiava con disinvoltura il greco e il latino, coltivava numerosi interessi e col passare del tempo arrivò ad assemblare una biblioteca composta da oltre duemila volumi, equamente suddivisi tra testi di argomento umanistico e scientifico. Proprio l’amore per la cultura e la passione per l’arte unirono profondamente la donna e il suocero, che svilupparono un rapporto di ammirazione, stima ed affetto reciproci. Quando nel 1536 il primogenito del re, Francesco di Valois, morì improvvisamente, Enrico e Caterina diventarono i legittimi pretendenti al trono di Francia, e subito alcune malelingue insinuarono il sospetto che fosse stata la cognata ad avvelenare il delfino. Il re non diede adito a queste voci, ma certo doveva essere preoccupato dal fatto che la coppia non aveva ancora generato un erede, il che affliggeva la relazione già difficile dei due sposi.

La situazione si aggravò ulteriormente quando nel 1538, durante una campagna militare in Italia, Enrico ebbe una figlia, che battezzò Diana in omaggio all’amante, da una nobildonna piemontese di nome Filippa Duci, la qual cosa provò che il delfino di Francia non era sterile. A quel punto Caterina temette seriamente di essere ripudiata, tuttavia Francesco I prese le sue difese, e così fece anche Diana di Poitiers, pensando forse che una seconda moglie avrebbe potuto distogliere Enrico dalle sue grazie. La giovane si sottopose allora alle cure e ai rimedi più disparati per facilitare una gravidanza, ma la situazione non si sbloccò finché la coppia non consultò il medico ed astrologo Jean Fernel, che riscontrò delle anomalie nell’apparato riproduttivo di entrambi; dopo aver messo in pratica i suoi consigli nel 1543 la donna rimase finalmente incinta, e all’inizio dell’anno successivo mise al mondo il primogenito Francesco, che venne accolto da grandi festeggiamenti.

A Francesco seguirono in rapida successione altri nove figli: Elisabetta (1546), Claudia (1547), Luigi (nato nel 1549 e morto nel 1550), Carlo (1550), Enrico (1551), Margherita (1553), Francesco (1555) e le gemelle Giovanna e Vittoria (nate e morte nel 1556). Sebbene Enrico e Caterina fossero dei genitori molto assidui nella cura della loro delicata prole, la donna dovette subire la costante ingerenza di Diana di Poitiers, che influenzava l’amante nella scelta delle governanti da destinare ai piccoli e continuava ad intromettersi tra marito e moglie. Questa complicata relazione a tre continuò fino alla scomparsa di Enrico, avvenuta nel 1559. Intanto però dopo la morte di Francesco I, che si era spento nel 1547, i due sposi diventarono i nuovi sovrani di Francia. (Barbara Prosperi – continua)

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