I fichi secchi di Carmignano
Un tempo abbondanti ed esportati in America
I fichi secchi di Carmignano sono tra i 365 prodotti tipici e da salvare della Toscana – almeno tanti erano fino a qualche anno fa – ed è la tecnica di essiccarli ed appicciarli, tutta carmignanese, che per l’appunto li distingue. Dopo la Seconda Guerra Mondiale questa coltura, che occupava i margini dei poderi, è caduta in disuso. Ma oggi alcuni produttori stanno cercando di rivalorizzarla, delizia energetica per la fine dei pasti invernali. E dal 1 dicembre del 2001 i fichi secchi di Carmignano hanno anche un proprio disciplinare e sono presidio dello Slow Food: i soli fichi secchi della penisola, assieme ad altri di un comune calabro, che possono vantare un simile riconoscimento.
La produzione ed il consumo di fichi secchi a Carmignano ha tradizioni antichissime: le legioni romane li utilizzavano come cibo di riserva. Per lo stesso motivo, ingombro ridotto ed alto valore energetico, erano particolarmente apprezzati anche dai contadini nel lavoro sui campi. La lavorazione del prodotto è rimasta in larga parte simile all’antica procedura descritta dal latino Columella nel “De rustica”. Dei fichi di Carmignano parla anche il noto mercante medievale Francesco di Marco Datini. E lo stesso territorio veniva chiamato “Carmignan da fichi”, identificandone così la peculiarità. Il prodotto, frutto di una lavorazione rimasta a livello quasi familiare, viene solitamente messo in commercio durante l’Antica Fiera di Carmignano, il primo martedì di dicembre, quando oramai sulla superficie delle “picce” si è formata la tipica efflorescenza zuccherina (“bruma”).
I pochi produttori rimasti (otto alcuni anni fa, saliti nel 2004 a dodici ed oggi qualcuno in più) realizzano attualmente attorno ai 15-20 quintali di prodotto all’anno (per 19-20 euro al chilo), una quantità ancora nettamente inferiore alla domanda, nonostante la produzione sia aumentata in dieci anni. C’è chi, attraverso un consorzio pratese, li vende per corrispondenza addirittura in Germania e chi rifornisce i mercati locali All’inizio del secolo venivano invece spediti copiosi oltre oceano.
La pianta non è mai stata comunque oggetto di specifica coltivazione ed ha sempre occupato le zone marginali del podere: i capofilare dei “doppioni” delle viti, i margini dei ciglioni e dei muri a secco e le parti più aride e sassose del campo.
COME SI PREPARANO LE “PICCE”
A Carmignano si destinano all’essiccazione esclusivamente fichi della varietà Dottato, raccolti tra la fine di agosto e la metà di settembre. I frutti, naturalmente i migliori, vengono spaccati longitudinalmente – partendo dal picciolo – con un taglio non superiore ai due terzi. I due coni, parzialmente aperti, vengono collocati in piedi su stuoie di cannuccie (“canniccioni”), messi in ambiente confinato e sottoposti all’azione dei vapori di zolfo, che viene acceso in una ciotola di coccio per far sviluppare anidride solforosa. Questo procedimento serve a ottenere fichi secchi con la buccia bianca (e mantenerli morbidi). Successivamente i frutti si collocano in pieno sole, avendo cura di riporli al chiuso la sera. I frutti essiccati, dopo un periodo di stoccaggio in luogo fresco e asciutto, vengono quindi accoppiati (“appicciati”) longitudinalmente, con l’interposizione di semi di anice che conferiscono il caratteristico aroma. Si ottengono così le “picce di fico secco”.
ABBINAMENTI GASTRONOMICI
I fichi secchi vengono proposti nel tradizionali abbinamenti con vin santo e con noci. Recenti degustazionì locali li hanno visti associati al lardo di Colonnata, alla mortadella di Prato e alla ricottina di latte crudo della montagna pistoiese.
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