La "Visitazione" dopo il restauro

di Barbara Prosperi

Un anno fa, ovvero ad aprile del 2014, era in pieno svolgimento la monumentale mostra “Pontormo e Rosso Fiorentino – Divergenti vie della maniera”, che ha avuto luogo a Firenze, nella elegante cornice di Palazzo Strozzi, dall’8 marzo al 20 luglio. La rassegna ha registrato la ragguardevole cifra di 150.000 presenze ed è stata definita dalla prestigiosa rivista “The Apollo Art magazine” la migliore esposizione del 2014.

Curata da Carlo Falciani e Antonio Natali, con l’allestimento di Luigi Cupellini, la mostra ha avuto il suo punto di forza nella “Visitazione” proveniente dalla chiesa di San Michele Arcangelo in Carmignano, che non a caso era stata scelta fin dall’inizio come immagine ufficiale dell’evento e largamente utilizzata per la campagna promozionale.Collocata su un piedistallo a circa un metro di altezza, liberata dalla cornice e dal vetro antisfondamento, illuminata da un efficace complesso di faretti, l’opera del Pontormo si è mostrata ai visitatori in tutta la sua abbagliante bellezza, grazie anche all’eccellente lavoro di pulitura effettuato tra novembre 2013 e febbraio 2014 dal restauratore Daniele Rossi.

Nel suo studio di via de’ Pandolfini, nel cuore del centro storico fiorentino, Rossi si è adoperato per quasi quattro mesi, nel tentativo di liberare la superficie pittorica del capolavoro pontormesco dalla pesante patina di sporco e ridipinture che col passare del tempo avevano fortemente compromesso la brillantezza del manto cromatico e la leggibilità dei particolari.

Un esame ai ‘raggi X’
Prima di essere sottoposta all’intervento di restauro vero e proprio, la tavola è stata attentamente esaminata con una serie di accertamenti radiodiagnostici (fluorescenza ai raggi X, riflettografia agli infrarossi, fluorescenza agli ultravioletti), che servono ad individuare l’effettiva consistenza dei danni subiti da un dipinto e a sondare l’eventuale presenza di tracce preparatorie o correzioni eseguite dall’artista. A questo proposito la riflettografia agli infrarossi è stata determinante, perché ha permesso di rinvenire sotto lo strato pittorico l’esistenza un disegno preliminare tracciato a matita, riportato sulla tavola grazie al tradizionale impiego della quadrettatura, il quale ha rivelato che il Pontormo ebbe dei ripensamenti ed effettuò dei cambiamenti in corso d’opera; tali variazioni hanno riguardato i piedi ed i capelli dell’ancella giovane, il velo della Madonna e la mano sinistra di Santa Elisabetta.

Una volta concluse le indagini, il lavoro di Daniele Rossi si è svolto su più fronti.

La pulitura
Per prima cosa si è reso necessario ripulire l’epidermide del quadro, oltre che dai sedimenti rilasciati da agenti esterni quali polveri, fumi, vapori, deiezioni animali, dalle resine e dalle vernici che si erano stratificate a causa dei numerosi interventi di ridipintura susseguitesi nei secoli, e che avevano finito per oscurare ed in alcuni casi addirittura alterare i colori originari del dipinto. Una patina ambrata aveva ingiallito infatti tutti gli elementi presenti nella composizione e si era addensata in particolar modo sulla veste di Santa Elisabetta, che da verde brillante era diventata bruna, mentre molti dettagli erano scomparsi nel nulla.

I fori dei tarli da turare
In secondo luogo si è dovuto provvedere a stuccare i 1673 fori provocati dai tarli, che a dispetto del bombardamento di gas operato negli anni Ottanta avevano continuato ad imperversare sulla tavola.

Il colore da reintegrare
Infine si è proceduto a ripristinare il colore nelle abbondanti lacune che punteggiavano l’intera pellicola pittorica e a ricoprire il tutto con una speciale vernice dalle proprietà protettive e rivitalizzanti.

Sorpresa, il cielo torna azzurro (e non solo)
Al termine del restauro l’opera è apparsa di una bellezza smagliante, ed ha rivelato alcuni sorprendenti particolari che erano stati celati dagli interventi eseguiti in passato. Ad esempio sul lato sinistro del quadro, da due finestre le cui imposte sembravano serrate, si sono materializzati la figura di una donna affacciata al davanzale ed un panno bianco steso ad asciugare, mentre in basso ha fatto la sua comparsa un asino che era stato completamente rimosso dalla scena. Il cielo da grigio cupo è tornato azzurro e solcato da nuvole bianche, gli edifici sullo sfondo hanno recuperato un aspetto più chiaro e pulito, il selciato ha rivelato una serie di pietre sconnesse che gettano in maniera tangibile la loro ombra sul terreno accidentato.

… e la Visitazione si fa un po’ meno onirica
Da questi elementi appare evidente che dopo l’ottimo intervento effettuato da Rossi la “Visitazione” si è rivelata meno metafisica ed onirica, più concreta e realistica, più feriale e domestica, in confronto all’aspetto che aveva in passato, e che ha avuto un peso non indifferente nell’indurre la critica a definire il Pontormo come un individuo eccentrico, stravagante, stralunato (benché la sua biografia ci consegni comunque il ritratto di un uomo inquieto, nevrotico, caratterizzato da alcuni comportamenti singolari).

Oltre a questi dettagli di natura puramente descrittiva, dalle analisi eseguite nel laboratorio di Daniele Rossi sono emersi altri particolari di ordine meramente tecnico: che la pittura è stata eseguita su un supporto ligneo costituito da cinque assi di pioppo di taglio intermedio radiale, stabilizzate mediante l’impiego di inserti a farfalla e rafforzate dall’aggiunta di due traverse di conifera (larice o abete); che su di esse è stato applicato un impasto di gesso e colla animale (la cosiddetta caseina); che i pigmenti utilizzati dall’artista nella stesura della tavola (azzurrite, biacca, ocra, rosso cinabro, lacca di robbia) sono gli stessi adoperati per la realizzazione dei dipinti della Cappella Capponi, il che consente ancora una volta di ribadire le analogie sia stilistiche che temporali che legano le due imprese; inoltre che il Pontormo era solito impreziosire le sue opere attraverso un sapiente uso di finissime velature ottenute prevalentemente con lacche rosse, procedimento che comportava tempi di asciugatura piuttosto lenti anche a fronte di una esecuzione veloce.

Un restauro attento, a costo di qualche rinuncia
Il rischio di un restauro radicale era quello di sottrarre parte del lavoro svolto in origine dal pittore, di profanare la pelle del dipinto, di snaturare insomma il reale aspetto dell’immagine, tuttavia questa eventualità è stata scongiurata grazie alla preparazione, all’esperienza ed al buonsenso di Rossi, che dopo la fase di pulitura ha opportunamente mirato all’assottigliamento e non alla rimozione completa delle vernici e delle resine aggiunte nel corso dei secoli, che di norma tendono ad essere saldamente incorporate dal quadro e a fondersi con i colori originari.

Questa scelta ha comportato tra le altre cose la rinuncia a recuperare il vero aspetto della veste della Madonna, che non era un verde petrolio ma un azzurro intenso, colore che da sempre è associato alla Vergine Maria, ma tale decisione si è rivelata in linea con l’obiettivo espresso anche dalla Soprintendenza di togliere dalla “Visitazione” gli ostacoli che ne impedivano una corretta lettura senza però incidere su di essa con asportazioni traumatiche dagli esiti irreparabili. Una finalità che è stata conseguita con successo nel pieno rispetto del capolavoro pontormesco.

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