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Due ruote d'epoca, dopo i telai
La passione per la bicicletta ha mille volti. C’è chi ama sfidare le salite più impervie, chi le preferisce a auto e treni per un turismo slow, con i paesaggi che sfilano lenti, il vento che corre nei capelli e l’occhio che si sofferma su particolari che sarebbero passati inosservati. E c’è chi le biciclette invece le restaura, come Vittorio appunto. Biciclette vecchie di parecchi lustri salvate da qualche deposito di scarti ferrosi, vecchie carcasse tornate giovani grazie ai pezzi originali scovati nei mercatini di robivecchi ed antiquari dell’Italia centro settentrionale.
Vittorio Cirri, che abita da sempre a Seano, classe 1941, è in pensione. Ti immagini un appassionato ciclista che, con il sopraggiungere dei capelli grigi e più tempo a disposizione, si è trasformato in meccanico di biciclette. Ma Vittorio non è mai stato di quelli – e ce ne sono tanti sul Montalbano, terra dei fratelli Maggini, di Franco Bitossi ‘cuore matto’ e di altri campioni – che hanno sfidato la salita del Carmignano o che la domenica inforcano la bici e macinano chilometri e chilometri. Vittorio preferiva le moto e il footing. E in televisione, prime del Giro d’Italia, guarda il gran premio di formula uno. Dopo una vita passata dietro ai telai, come tanti (un tempo) ce n’erano a Seano, è stato però folgorato dalla passione per le biciclette. E così, liberato lo stanzone dietro casa dai vecchi telai, quelle stesse stanze, che sono ora diventate una vera e propria piccola officina, si sono riempite di biciclette e due ruote destinate alla pensione ma pronte a rifiorire.
Vittorio ha iniziato dieci anni fa con una Touring del 1938: tre anni per rimetterla a posto e trovare tutti i pezzi originali, parafanghi compresi. Poi è stata la volta delle Ganna, delle Maino, delle Taurus, delle Day e naturalmente delle Bianchi, le biciclette più famose d’Italia. Ce ne sono quasi una trentina in bella mostra. Due ruote d’epoca degli anni ’30, ’40 e ’50. E proprio una Bianchi è il pezzo più antico: una 28 pollici e 3 ottavi del 1933, nera e tirata a lucido, con tanto di sellino e portaattrezzi in pelle originali. Da vetrina sono anche altre due Bianchi grigio perla, uomo e donna, del 1938. Solo il fanale – “quasi introvabile” spiega Vittorio – è costato 200 euro.
Nello stanzone dove ti giri trovi pezzi di bicicletta ed ognuno ha una storia: manubri e mozzi ammassati sugli scaffali, trovati nei mercatini di Modena, Reggio Emilia e Imola, pezzi già scelti e inscatolati pronti per essere montati, fanali, cerchioni, forcelle, anche i fregi in metallo originali. Sul banco c’è una Maino del 1938 e una Touring del 1940 che aspettano solo di essere assemblate. Ma Vittorio dà anche consigli. Arriva un signore con una vecchia bicicletta e basta uno sguardo al telaio per indovinare l’anno, 1951. Merito dell’occhio allenato a forza di sfogliare le foto sui cataloghi originali delle varie marche, utilissimi per ricostruire da un telaio malandato una bicicletta come fosse appena uscita di fabbrica.
Tre o quattro biciclette le ha vendute. Ma dopo tanto lavoro è inevitabile affezionarsi. E così è difficile anche che le noleggi. “Una volta ho affittato una Maino per un matrimonio” confessa. (wf)
Ndr. Il pezzo è stato scritto a febbraio del 2009. Due anni e mezzo dopo VIttorio Cirri se n’è andato, divorato da un male che non gli ha lasciato scampo.