Il giorno della liberazione

E’ il 12 aprile 1945. Il giorno prima i tedeschi sono fuggiti: “Siamo liberi. Dio sia lodato” annota Corrado. A Wietzendorf, in Germania, ha trascorso più di un anno e mezzo. Ed ecco quello che il 12 aprile scrive: un inno alla libertà ritrovata, la libertà “santa e bella”, quasi un delirio, una gioia che esteriormente prova a contenere, forse perché molti sono morti, ma che  interiormente è irrefrenabile. Ecco l’ultima pagina del diario.

“Dopo lunghi mesi di indicibili sofferenze fisiche e morali è arrivata l’ora in cui possiamo finalmente lanciare il grande grido: “Libertà”. Questa parola che è l’insieme di tutto quello che esiste di più bello al mondo, che è sinonimo di vita, di gioia, d’amore. Ringraziamo anzitutto Dio che ha dato forza ai nostri liberatori e ringraziamo pure coloro, che, sfidando la morte sempre pronta a ghermire, ci hanno ridato quella libertà santa che tanto abbiamo atteso e bramato. Rivolgiamo un pensiero devoto e riconoscente a tutti coloro che immolarono la propria vita per questa giusta e umana causa. La forza del male è stata abbattuta ed ora un orizzonte raggiante di luce e di vita inonda le nostre esistenze, che, per lunghi mesi, erano rimasta nell’ombra e nelle sofferenze spirituali e materiali. E’ stata la volontà del Signore. Colui che ci ha preservati dal pericolo e dal male, non dimentichiamolo mai e ringraziamolo e preghiamolo sempre da buoni cristiani. Scrivo queste povere frasi in un momento, direi quasi, di delirio per la gioia di essere finalmente liberato da un incubo che tormentava la mia esistenza. Se potessi con queste righe esprimere tutta la felicità, tutta la gioia che sprizza dalla mia persona, inonderei di lacrime commoventi questa pagina. Contengo questo sforzo esteriormente ma internamente no, non posso, è troppo bello, troppo grandioso questo momento per poter reprimere questi intimi sfoghi. “Libertà” quanto ti ho atteso! Quanto ho sperato in te! E sei giunta. Non ho atteso, né sperato invano. Ogni sacrificio, ogni sofferenza ha un premio; e questo è stato il premio più bello, più ambito, dopo una lunga catena di amarezze e di nere tenebre che avevano oscurato per ben 20 mesi le esistenze di molti esseri umani che nulla avevano commesso di male. Quante mamme, quante mogli, quanti figli attenderanno invano il ritorno del proprio caro che purtroppo il destino ha  loro riservato un altro posto. Quello che qui scrivo è prettamente mio, è il mio cuore che si esprime in questi termini. Viva la libertà santa e bella. Corrado Capecchi”. (wf)

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