L'albero della libertà a Carmignano

C’ERANO una volta gli Alberi della Libertà. Legati nella loro origine all’antichissima usanza di piantare alberi in occasione di riti popolari e religiosi, a simboleggiare la rinascita ciclica della natura e della vita, divennero con la Rivoluzione Francese, che li recuperò, e soprattutto in epoca giacobina un chiaro simbolo politico.Già prima erano diffusissimi in America, dove i coloni statunitensi li usarono nella lotta contro gli inglesi e li effigiarono poi sulle stesse bandiere di alcuni Stati. Con le rivoluzione francese esportata in buona parte d’Europa e al seguito delle vittoriose truppe repubblicane, se ne eressero anche in Italia. E pure Carmignano aveva il suo albero della libertà. Fu piantato nella piazza del capoluogo, che ha oggi il nome di Vittorio Emanuele II, l’8 maggio 1799: o meglio il giorno 18 del mese Fiorile dell’VII anno della Rivoluzione.

Difficile dire di che albero si trattasse: dei migliaia piantati in tutta Italia, solo un olmo secolare in un paesino calabro sembra sia sopravvissuto alle complesse vicende napoleoniche e della Restaurazione. La pianta generalmente preferita nella nostra penisola era il pioppo, anche perché il suo nome latino “populus” si prestava bene a rappresentare il simbolo della libertà del popolo. Attorno agli alberi della libertà si ballava e si faceva festa, nonché vi si affiggevano motti: il famoso “Libertè, Egalitè, Fraternità” oppure “Tremate, o perfidi, Tremate tiranni alla vista della Sacra Immagine della Libertà”. Ma probabilmente non fu un pioppo e a Carmignano venne utilizzato un olmo: sia per rispettare l’uso francese e americano, sia perché l’olmo, ora scarsissimo a causa di una malattia, era ritenuto in quell’epoca un albero tipico della Toscana. E poi sulla piazza di Carmignano nei secoli passati era esistito un olmo così monumentale da essere riportato sulle mappe del XVI secolo e di cui forse si manteneva il ricordo ancora due secoli dopo. Comunque la mattina di quel lontano giorno di maggio, l’albero venne piantato in quella che sarà piazza Vittorio Emanuele II con “grande adunanza di popolazione da tutti i paesi della Comunità”. Arrivarono anche i dragoni francesi a cavallo, che alloggiavano a Poggio a Caiano: probabilmente alle Scuderie. Non bisogna però pensare che tale iniziativa abbia avuto l’adesione entusiasta di tutti. Infatti in Toscana si ricordano, tra il 1799 ed il 1800, vari tumulti, in specie di contadini, per opporsi all’occupazione francese. Ed in tali occasioni veniva subito abbattuto l’Albero della Libertà, come fecero a Pistoia i contadini venuti al mercato il 13 aprile 1799 o gli insorti ad Arezzo il 6 Maggio ed il 7 Luglio a Firenze, dove l’albero si trovava in quella che sarà chiamata poi piazza Libertà. Anche a Carmignano l’albero sarebbe durato poco. E non mancarono i disordini e le insurrezioni. Ed attorno all’albero si creò quella distinzione, oggi per taluni più sfumata e quasi desueta, tra destra e sinistra, “repubblicani” e “reazionari”. (wf)

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