Gino di Fico

Gino Borgioli
Dal 1932, quando per la festa del patrono si è iniziato a sfilare, quattro rioni l’uno contro l’altro, Gino Borgioli, in paese conosciuto come Gino di Fico o il Cintelli, non aveva perso un’edizione: 90 primavere e sempre sui carri o in piazza. Nel 2009, per i trent’anni della festa, fu anche premiato. Fino a quando, ad agosto del 2011, se n’è andato. Una vera istituzione. Un racconto vivente. L’esempio perfetto di come al San Michele si sfili da pochi mesi, in braccio alla mamma, a novant’anni. Nel 2011 il rione celeste, il suo rione, ha deciso di raccontare la storia del San Michele con i suoi occhi. Il frutto di tante chiacchierate dopo cena, mentre in estate si preparano le sfilate. Un tributo alla memoria. Ed hanno vinto, a pari merito con i bianchi.

Il celeste è il rione che ha più vinto: ventitré volte in quarantacinque sfilate. Tante vittorie e tante storie raccontate: fino al 1974 con Arrigo Rigoli, che inventò il San Michele, poi con Guido Lenzi, Fabrizio Buricchi ed altri giovani. Ma fra tante sfilate tutti nel rione ancora raccontano di quando nel 1957 la contrada portò in piazza la vigilia della fiera di Sant’Andrea e l’arrivo del circo, con Gino “di Fico” che faceva l’uomo forzuto, Turindo Drovandi l’orso ed Amelia la “più bella zingara che mai si sia vista”. “Gino – raccontava Stefano Cinotti – aveva una clava di legno ed era talmente entrato nella parte che Turindo, suo malgrado, si beccò con quella clava qualche scoppola di troppo”.

Quell’anno fu per il rione celeste il primo cappotto: si aggiudicò infatti tanto il palio dei ciuchi quanto il premio per la più bella sfilata. Ma ogni San Michele ha in fondo un dietro le quinte da raccontare, curioso o con un risvolto particolare. “Un anno – ricordava sempre Stefano anni fa –  per un fumogeno un carro prese fuoco. Fu subito spento e sembrò un effetto scenico voluto, ma vi posso confessare oggi che non fu così”. Per un innesco difettoso di un petardo c’è chi si è visto saltare via dalla testa una pesante parrucca di lana d’acciaio. La stessa pesante parrucca, alta più di quaranta centimetri, che una sera, una signora che si era sentita male per un calo di zuccheri, non si volle togliere. “Ho tanto patito a mettermela – disse – che non voglio patire di nuovo prima di sfilare”. E naturalmente in una sfida che si è ripetuta quarantadue volte in settanta anni non sono mancate le polemiche. Nel 1957 si diceva che la potente famiglia Rigoli, ideatrice della festa e deus ex machina del rione, vincesse in modo scorretto. Nel 1968 la nomina della giuria fu affidata all’esterno. Ma non bastò e negli anni successivi le polemiche, anche accese, avrebbero riguardato altri. (w.f.)

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